Non succede spesso di apprezzare un disco pieno di citazioni letterarie – il più delle volte, il risultato rischia di scadere nello stucchevole o nel banale, misinterpretando o approssimando i temi trattati. Quello de Le Sacerdotesse dell’Isola del Piacere è un progetto ambizioso e rischioso già dal titolo: Interpretazione dei Sogni è un concept dalla portata pesante, incentrato sulle dinamiche visionarie del sogno, del ricordo e di tutto quel che c’è di onirico attorno al vissuto dell’essere umano postmoderno; un disco che nella riuscita trattazione in musica di tematiche complesse si candida di soppiatto fra gli album italiani migliori dell’anno.

La formazione piacentina è al secondo album con V4V – quest’anno in ottima forma con And So Your Life Is Ruined, Mary in June e GOMMA – ma si distingue dai colleghi dell’etichetta abruzzese per una maggiore fascinazione verso l’indie rock tendente al noise degli anni ’90 (con tocchi di grunge e shoegaze) piuttosto che per lo screamo e il post-hardcore. Interpretazione dei Sogni sembra vagare nei territori dei Fine Before You Came di Quassù c’è Quasi Tutto ma anche dei Dinosaur Jr. (Il Mio Magico Corpo), andando in alcuni momenti a corteggiare l’emo revival degli Hotelier o degli ultimi Pianos Become the Teeth e Title Fight, che sia più tendente al punk (Cummings) o alla ballad melanconica (Non Siamo Più).

Al di là delle influenze, è proprio il concept a tenere su il disco e a renderlo entità distinta e al contempo unica e coerente; il talento compositivo della band è coronato dalla produzione di Maurizio Borgna (FBYC, Crash of Rhinos), che rende gli intrecci di chitarre più robusti che nel precedente Tutto, nonché dalle voci dai tratti forti e al contempo quasi cedevoli, asimmetrici – il tutto a smussare gli spigoli dell’impalcatura di quella che è a tutti gli effetti un’investigazione della condizione umana nello spazio di soli 25 minuti. Come riescono, quindi, Le Sacerdotesse a non banalizzare le ispirazioni presenti nell’album? Il pregio di Interpretazione dei Sogni sta nel saper usare l’elemento letterario come punto di partenza per creare qualcos’altro di diversamente letterario: leitmotif come quelli de La Metamorfosi (in Kafka) o Cuore di Tenebra (nel brano omonimo) non si fermano alla citazione sommaria, ma diventano reinterpretazioni idiosincratiche riscritte per assecondare la narrazione, che è affascinante perché schematica, ritmica ed ermetica – del disco infatti restano impresse le frasi-manifesto, “ed un giorno mi sono svegliato” di Ricordati del Sogno così come “e tu non mi guardi più” di Non Siamo Più, rispettivamente ad aprire e chiudere il disco.

Interpretazione dei Sogni scivola in 25 minuti ma si insinua ben più a lungo, quasi in maniera disturbante oltre che certamente distruttiva, ed altrettanto silenziosamente arriva a meritarsi una menzione tra gli album italiani dell’anno, affermandosi anche come una tra le realtà più esportabili all’estero al momento. Non è da molti saper plasmare spazi e realtà come viene fatto in Kafka o Cuore di Tenebra; non è facile risalire dal vuoto ritagliato da Non Siamo Più; non è facile scrivere un album così intensamente umano.

Tracce consigliate: Non Siamo Più, Cuore di Tenebra