Inizio 2015, una delle etichette più brillanti sulla piazza lancia il primo album di inediti di un mostro sacro del cinema, veterano tanto della macchina da presa quanto della sala di registrazione: il risultato è stato esplosivo.
Si parla ovviamente della Sacred Bones e dell’eccellente Lost Themes di John Carpenter che, dopo aver mietuto successi di critica e pubblico, torna con il secondo atto e un lungo tour mondiale – cosa non certo scontata a 70 anni – che, ormai noto, toccherà anche l’Italia.

Inutile davvero tornare a fare monologhi sull’importanza viscerale di Carpenter; era inutile forse anche sottolinearla la prima volta. Lost Themes II deve fare i conti con aspettative ragionevolmente alte e affrontare il confronto senza sfigurare. Operazione riuscita? In larghissima parte sì, per non dire al 100%. Dipende poi in realtà da quali sono le richieste dell’ascoltatore.

L’inizio è (quasi) in medias res – e da cardiopalma con Distant Dream, solito rimbalzare ossessivo di pulsazioni elettroniche con il ritmo incalzante di un inseguimento. E da un lato abbiamo quindi le cannonate inquietanti ed incisive che seguono questo stile, i rallentamenti da panico di Dark Blues e le stratificazioni sonore di Bela Lugosi, veramente degne di un film horror dell’omonimo, se negli anni ’30 avessero avuto questo tipo di possibilità tecniche.
Diverse invece le atmosfere di Angel’s Asylum, che inizia toccando corde al limite del gotico malinconico e procede immergendovisi appieno, calando progressivamente di intensità fino all’inaspettato finale acustico. Un po’ di pesantezza sonora in più e avremmo avuto qualcosa di davvero vicino ai Moonspell dei tempi d’oro di Sin/Pecado
Emerge quasi a sorpresa un lato oserei dire sinfonico: Utopia Facade ricorda forse di più un Vangelis impazzito, che i lavori canonici del nostro, più improntati a chiusure claustrofobiche. Ancora diversi i territori di Windy Death, forse il brano più abbordabile del lotto, forse il più pop, senza che questo significhi una perdita di valore.

Quello che c’era da dire sui perché del progetto musicale di Carpenter è già, in sostanza, stato detto. Lost Themes II non è una raccolta di scarti rimaneggiati una un lavoro autonomo e con tutti i crismi, un ritorno come era lecito aspettarsi; al tempo stesso mancano grandi elementi di novità, cosa in verità altrettanto lecita. Nessun passo avanti (verso dove poi?), nessuna innovazione ma consolidamento e conferma di livello eccellente. C’è forse un filo di varietà in più tra le tracce ma niente che introduca nulla in grado di far saltare sulla sedia l’ascoltatore al grido di “Mai sentito niente del genere!“.
Neanche a dirlo, se avete amato le atmosfere del primo inedito di Carpenter le ritroverete qui dove e come le avevate lasciate tolto il vinile di Lost Themes dal giradischi.
A questo punto si può forse sperare in un ritorno anche dietro la macchina da presa? La speranza è l’ultima a morire.

Tracce consigliate: Angel’s Asylum, Bela Lugosi