Sì, purtroppo l’estate è finita, l’equinozio è arrivato e da questo weekend tornerà a farci compagnia l’ora solare e con sé il buio alle 5 del pomeriggio.

Non disperatevi cervi belli: possiamo sempre lanciarci di testa sulla musica, andando a riempire le ore di buio e di freddo con quei meravigliosi album pieni di estate, di ritmi ballabili, di psichedelia quanto basta e di suoni da spiaggia e festa. Una formula abbastanza semplice, ma che, lavorata a modo, porta a risultati eccellenti, come lo è questo disco.

Siamo nel nord della Francia e in studio ci sono Jono Ma e Gabriel Winterfield (membri ufficiali della band), Jack Freeman (basso e cori), una Roland TR-808, una Fender Jaguar e un computer. La formula è completata: l’album è pronto.

Il disco si apre con What Love: un loop ipnotico di “Waiting for tomorrow brings another day and another sun” che subito ci porta indietro di un anno, quando i Tame Impala aprivano Lonerism a colpi di “Gotta be above it“, looppato per 3 minuti e mezzo.
Quello che però vogliono i Jagwar Ma è farci ballare e metterci di buon umore: è così che ci ritroviamo a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, prima con Uncertainty piena di synth da hit acid house, poi con The Throw che sembra uscita da Screamadelica dei Primal Scream o da un qualsiasi album Madchester dell’epoca.
La parte centrale dell’album, mantenendo pur sempre la sua vena dance (perché davvero è impossibile starsene fermi), è molto più incentrata sulla chitarra e sui ritmi melodici anni ’60 in stile primissimi The Beach Boys. Come And Save Me e Let Her Go sono chiaramente il cuore di questo album: riff e ritornello che si stampano in testa, testi da coro unanime durante i live e synth qua e là per ricordarci che c’è sempre posto per una tastiera.
I pezzi rimanenti hanno ognuno una storia a sè, forse sviluppata un po’ meno bene dei pezzi descritti sopra, ma comunque non perdono il flow ballerino/melodico/revival del resto del disco. Qualcosa di particolarissimo è Four: 6 minuti e 32 secondi di droga sintetica house/techno piazzata perfettamente al centro della tracklist per spiazzarci e soprenderci ancora. E l’idea funziona parecchio bene.

La cosa davvero fica di quest’album, tirando le somme, è che riesce nel suo intento: fare ballare (o comunque far muovere) la gente con una nuova dimensione creata con le chitarre anni ’60 e i ritmi della dancefloor ’90. FICO.

Reccomended track: The Throw, Let Her Go