Mettiamo subito in chiaro che il teatrino di questi giorni sul singolo prima e sullo streaming integrale poi, è stato quanto di più stupido si potesse immaginare. Antropologicamente interessante ma assolutamente stupido. E in questa recensione non ci proverò neanche a chiamare l’autore dei brani col suo nome di battesimo (Niccolò ndr), come se lo conoscessi, come se tutti lo conosceste. Su youtube si leggono commenti del tipo “Niccolò a sto giro hai fatto la cazzata”, roba che neanche suo cugino. Infilati questi due imprescindibili paletti, proviamo a scriverle noi due stupidaggini sul secondo disco dei Cani.

Il singolo mi aveva un po’ lasciato l’amaro in bocca, continuo a reputarlo un pezzo fastidioso, troppo simile a quell’accozzaglia di parole cool e luoghi comuni (incastrati in musica nel migliore dei modi immaginabili) del primo disco, che pure mi/ci era piaciuto tanto. Per fortuna il disco non è così, è profondamente diverso nei contenuti dal Sorprendente Album D’Esordio Dei Cani: mentre prima era questione di descrivere la mediocrità ora è questione di descrivere la sfiga e c’è poco da fare, entrambe sono attribuzioni che appartengono a ognuno di noi, è difficile ascoltare un qualche pezzo del nuovo disco e non trovarsi mai colpiti dalla semplicità e accuratezza dei testi.
Ora però non esageriamo, i pezzi che ti metti ad ascoltare e riascoltare questa volta sono giusto tre, non ci credo che qualcuno vorrà infilare Non C’è Niente Di Twee nell’ipod o quella lagna incomprensibile di San Lorenzo che fa testualmente: “quindi andare a chiedere favori alle stelle cadenti non è tanto di cattivo gusto quanto arrogante” che non vuol dire assolutamente un cazzo.
Come Vera Nabokov invece è una canzone d’amore delle meno banali e più sincere di cui io abbia memoria, forse perchè tornando alla carta d’intenti (immaginaria, chiaro) del disco, rientra nei canoni della sfiga: “da quando ho un tour e un lavoro e la gente che amo sta male io da solo non ci riesco più, e non avere vent’anni e non avere gli esami fidati è qualcosa in più” e per questo appare come un pezzo sincero.
Come sinceri appaiono gli altri due bei pezzi del disco: Corso Trieste con i Gazebo Penguins e Lexotan.
Corso Trieste è bella forte, sia per la carica emotiva esagerata che è marchio di fabbrica dei Pinguini, sia perchè è ancora questione di sfiga: “ricordo solo che avevo la stessa faccia da cazzo dei pischelli più grandi del giro davvero duro con problemi seri ti giuro è l’unica, davvero l’unica, l’unica vera nostalgia che ho”.
E così Lexotan che parla sempre fondamentalmente di sfiga ma anche di frustrazione, e chiude il disco con l’unica sicurezza che può avere un ventenne o forse trentenne di quelli sfigati forti come me e te (proprio come me e te…), insieme a quella dell’unica vera nostalgia: una stupidissima e mediocre felicità. Che sembra una stronzata ma a pensarci davvero “nonostante tutto c’è la nostra stupida improbabile felicità”. E sti cazzi se è vero. Sti gran cazzi. Il resto del disco è noiosetto se non fastidioso in alcuni ben definiti punti (tipo San Lorenzo che è una roba proprio di un altro mondo) ma quei tre capolavori rimangono tre capolavori. Sta di fatto che viva la figa e forza Perugia sempre.

Tracce consigliate: Come Vera Nabokov, Corso Trieste, Lexotan (leggi la descrizione del video per trovare i pezzi)