Ci sono limiti che sarebbe saggio autoimporsi. Perché, come si suol dire, il troppo stroppia. Tom Krell per il grande pubblico How to Dress Well, bianchissimo crooner immerso nel soul/R&B rivisitato a modo suo, forse questo proverbio non lo ha mai sentito.
Dopo aver vinto il titolo NBA 2014 e dopo due prove discografiche amatissime dalla critica approda questo What Is This Heart?. La straordinaria gioia e solarità (ahahah) che animano il progetto sono sempre quelle, ritte al loro posto; cambia invece, ancora una volta, il suono. Del tutto dimenticate le distorsioni, la saturità e il rumorismo soft del primo album, questa volta si segue la strada di Total Loss ma le atmosfere, sempre sottili e rarefatte, sembrano vedere un’inversione dei ruoli. A farla da padrone è la voce più che la musica. E forse, dico forse, non è stata una scelta perfetta al cento per cento.
Succede che mettendo play e guardando l’espressione un po’ contrita del Krell in copertina si viene introdotti all’ascolto da due note di piano, una chitarra che arpeggia, una voce fragile come il cristallo durante un terremoto. Voce che, novità di assoluto rilievo, viene usata con molta più disinvoltura rispetto al passato e passa dal bisbigliare di 2 Years On (Shame Dream) (minimale e delicatissimo l’accompagnamento della sei corde, se non fosse per i rari guizzi di tono sembrerebbe quasi una ninna nanna) alle grintose ritmiche proto-hip-hop su base glitch di Very Best Friend.

I testi di What Is This Heart? sono l’espressione senza mezzi termini di uno spleen esistenziale che, a differenza dell’ispirazione musicale, sembra essere sempre vivissimo e pulsante: I could say it smarter, but I want it gentle è quasi un manifesto della consapevolezza dei propri limiti, volontariamente imposti e che non per questo fanno soffrire meno. See You Fall aperta da archi e voce a contrasto è un’esternazione di malcelato rancore, con lo sguardo rivolto al passato e che trattiene la rabbia a pugni chiusi tremanti.

Le aperture orchestrali sintetiche sono come baleni nel buio su Pour Cyril, vanno e vengono, illuminando e trascinando con sé un graffiare distorto quanto melodico. Uno dei, purtroppo rari, attimi nei quali le armonie ricordano il brillante e cupissimo passato, un ossimoro che funzionava a meraviglia. Ci sono momenti peggiori: Precious Love, efebico pop cadenzato, potrebbe essere una cover meno umida di un brano delle The 411. Su una scia simile Repeat Pleasure ma l’obiettivo è conseguito con più individualità, accompagnandosi a una chitarra gioiosa. A voi decidere se il momento clou del brano sia un picco emozionale o un finale da risate: mi riferisco al dichiarare con la serenità di chi non ha nulla da perdere “Even broken, my heart will go on“. Buongiorno Celine Dion?

Il (mezzo?) passo falso, come sostanzialmente già scritto, sta nell’aver perso la ruvidezza di suono che caratterizzava i lavori precedenti: provare per credere: ci sono grappoli di commenti sotto i video YT che si chiedono se ci siano stati problemi nell’upload o se il suono sia proprio quello. Ne risulta sì un prodotto più accessibile al grande pubblico, ma si perde un po’ di personalità e originalità. Rythm & Blues dall’animo robotico per esseri umani dal cuore tenero, attenti però ai colpi di sonno ma attenti anche a non scoppiare a piangere.

Just no satisfaction, just these twisted hearts on fire. There’s no design, no God, no.

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