Ogni anno esce un progetto di Guè Pequeno, ormai da quasi dieci anni. Se l’anno è pari sarà con qualcuno (di solito i Dogo l’anno scorso con Marracash) e se è dispari sarà un album solista. Non è esattamente una dimostrazione scientifica ma è abbastanza accurata.
Ci si potrebbe chiedere come si faccia ad essere tanto prolifici (si tratta sempre di 18-19 pezzi ad album), ma la risposta è molto semplice: Guè ha un pubblico di fanatici che lo difenderebbe fino alla morte, a cui non importa nulla di quanto noiosi e triti possano essere i riferimenti del loro idolo. Gente a cui piacciono perfino i pezzi d’amore se fatti da Guè, nonostante ne abbia fatto uno carino in tutta la sua carriera (questo) e tutti gli altri siano la stessa identica copia l’uno dell’altro. Questo permette di abbassare l’asticella di parecchio e di infilare nell’album più o meno di tutto.

Non si può dire che sia sempre stato così ed anzi, i primi due dischi (ed il terzo mixtape, che rientra nello stesso periodo) erano una buona digressione dal progetto dei Dogo, che iniziava a sentire un certo calo di ispirazione e qualità. Eufemismi per dire che Noi siamo il club e Non siamo più quelli di Mi Fist sono una schifezza, come si potrebbe intuire dai titoli. Ed alla fine c’è da dire che questo album non è terribile, basta confrontarlo con il precedente per rendersene conto, ma manca di qualunque tratto caratteristico e personale.
Guè ci ha abituato a spacconate, iperboli e punchline che qui non ci sono o vengono inserite senza alcuna enfasi. Non ci si aspetta nulla delle tematiche, figurarsi, ma almeno un po’ di inventiva nel parlare di quanto si scopa, di quanti soldi si fanno e di come si spendono. Anche perché nel frattempo in Italia stanno spuntando tantissimi ragazzi che fanno esattamente questo, musica da intrattenimento, e lo fanno bene o con originalità (in alcuni casi addirittura bene e con originalità).
Purtroppo non basta sostituire alcune produzioni dei 2nd Roof con quelle di Sick Luke se poi non hai nulla da scriverci sopra. Non basta chiamare nel disco Sfera e Tony Effe per creare hype. Soprattutto non basta Enzo Avitabile a salvare un pezzo segnato da uno storytelling noioso e sciapo, il cui senso è fondamentalmente “il carcere non è bello e non rieduca“. Davvero?

Ci sono alcune cose che funzionano: Trinità, il ritornello di Relaxxx, il tentato pezzo estivo di Guersace (soprattutto perché viene dopo Milionario, un pezzo in salsa reggaeton in cui Guè prende ispirazione da qualche altra cafonata che non ho il coraggio di cercare), l’attacco di Oro Giallo e poco altro qua e là. Ad esclusione del singolo, per tutto il resto vale quanto detto sopra. No ispirazione, nessuna punchline degna di nota, niente di divertente.
Chiunque segua Guè Pequeno da abbastanza tempo sa che l’unico motivo per cui è uscito questo disco sono i soldi, fare un tour e parlare di qualche disco d’oro o di platino ottenuto con il minimo sforzo. Un consiglio sincero a chi aspettava questo disco, riascoltatevi Bravo Ragazzo o anche solo Santeria. Gentleman è l’unica cosa che non dovrebbe essere: piatto e noioso.

Traccia consigliata: Trinità