Ricordo che la prima volta che ascoltai World Music lo feci accidentalmente con delle gran belle cuffie, e mai una scelta casuale fu più azzeccata. Erano bastati i primi minuti del primo ascolto a conquistarmi del tutto: senti che groove che riescono a tirare su, come ti ipnotizza. Ehi, c’è mica George Clinton che bussa alla porta della saletta di registrazione con un cilum stracolmo o cosa?
L’esordio dei Goat, risalente al 2012, era stato accolto da critica e pubblico come una vera rivelazione: questi quattro ragazzi svedesi, mascherati a dovere per compiere vari riti satanici, sembravano essersi teletrasportati direttamente dagli anni ’60, senza sembrare il solito gruppetto che compie l’ennesima operazione revival. In World Music, si veniva travolti da funk, psichedelia, rock 60/70 proveniente dalla scuola del buon Jimi e tanto, tanto tribalismo afro-beat: bordate di riff ripetuti in loop come dei veri mantra, dove la voce lacerante di GoatGirl (eh sì, sono misteriosi i ragazzi) dirigeva la tempesta sonora.

Il nuovo lavoro Commune viene definito dalla band come “un viaggio verso l’ignoto”. Ebbene, tradotto? Mancano magari le hit più catchy come Let It Bleed o Run Your Mama, ma la situazione si fa più interessante, perchè i GOAT dilatano le loro composizioni e sembra vogliano creare un continuum ben percepibile per tutta la durata dell’album. Si ha come la sensazione di stare ascoltando una massiccia jam session, dove non ti serve isolare assolutamente un solo strumento: non pensarci e fatti trasportare, questo è il dogma.
I nove pezzi funzionano tutti alla perfezione, riuscendo a spaziare, creando atmosfere e mood differenti ma affini: ne sono esempio i venti mediorientali di Hide From the Sun, che convivono alla perfezione con i tribalismi funk indemoniati di Goatslaves.
Le vette più alte si raggiungono però verso la conclusione. Quando arriva la strumentale Bondye, ci si prepara ad uccidere la vittima sacrificale a colpi di cowbell, con accelerazioni  e chitarre impazzite che ci portano all’ afro-groove finale maestoso di Gathering Of Ancient Tribes (guarda bene il nome, oooooh!), che riesco a descrivere solo cosi:

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Commune è un sophomore coi controcazzi: se proprio vuoi trovarci qualcosa è la durata (una misera mezz’oretta, ma tutta da godere) e l’originalità dei contenuti. Se non fossero esistiti i Funkadelic, forse non sarebbero esistiti neanche i Goat, chiaro. Ma anche questa volta i matti svedesi riescono a proporci un lavoro che, per quanto possa essere evocativo di altri artisti e altri tempi, riesce ad avere una sua anima dannata ben solida.
E poi, se continuano a sfornare artwork del genere, per me possono fare ciò che vogliono

Tracce Consigliate: Hide From The Sun, Gathering Of Ancient Tribes.