Dovremmo meravigliarci se un giorno capiterà qualcosa di bello a Francis Harris. La sua vita lascia poco scampo alla compassione, il dolore di un lutto non può essere interpretato, non servono qualità per gestire il vuoto di una perdita dopo che Leland fu già un omaggio alla scomparsa di un padre. Adesso bisogna abbracciarlo forte come forse mai avete fatto perché se Machweo means sunset Francis Harris means lackness.

Minutes Of Sleep non è un requiem e basta. É un disco in apnea, indefinito, in cui si è spettatori dello strazio di una perdita raccontata nell’immediatezza del dolore, che sottrae artificiosità ad un’elettronica resa scarna. Suona come un ensamble di tre componenti ma tratta la techno come farebbe Andy Stott. È un disco organico, che prende vita in uno scenario tinto di noir dal suono del piano di Dangerdream interrompendo l’istinto dell’attore non protagonista, il jazz, che suona vagabondo e progressivo, distante dalla scena.

E poi ci sono la cassa dritta e i 4/4. Prima con le correnti sfumature dark della downtempo di Radiofreeze, poi con il pezzo in cui il dolore diventa house, Lean Back, che si commenta da solo per quanto è triste e precario. Comincia qui il discorso del funerale, Francis trova la lucidità per i nove minuti deep di You Can Always Live, definito dalla voce sexy di Gry stranamente alla Donna Summer, in un contesto improvvisamente distante, come tornare indietro a quella notte e cambiare il corso della storia che torna nella sua fragilità ad essere ritmicamente triste fino alla bonus track, intitolata Dangerdream (How Che Guevara’s Death and Bob Dylan’s Life Militarized Brigate Rosse).

Ma invece è successo qualcosa di davvero unico. Minutes Of Sleep è uno di quei dischi che non hanno un valore stimabile, che un giorno potremo ascoltare nella sala di un museo d’arte ad ingresso unico, e ritrovarci da soli a compatire un uomo che ha messo in gioco i suoi stati d’animo per farne un capolavoro.

Recommended tracks: Lean BackYou Can Always Live