Non è cosa da tutti pubblicare il proprio disco d’esordio su Monkeytown (l’etichetta dei Modeselektor, quella su cui sono usciti tutti gli album dei Moderat, per capirci), e a colpire ancor di più è che gli artisti in questione siano tre sbarbatelli berlinesi. Non fatevi ingannare dalle apparenze, però, perché i Fjaak sanno il fatto loro: tra il forte legame sonoro con la madrepatria Germania e sapienti manipolazioni di macchine analogiche, il talento del trio emerge nei crudi ma ricercati interstizi percussivi che tanto devono alla techno anni ’90.

Spnd Ballet e Sixteen Levels hanno il compito di aprire l’omonimo lavoro tra synth eterei e beat spezzati di ottima fattura che però non fanno ancora danzare. Ci pensa Wolves, primo singolo estratto, a infuocare il dancefloor con melodie tagliate al minimo e una 909 spinta all’estremo, proprio come era tradizione un paio di decenni fa. Sullo stesso trend da clubbing tirato c’è la pregevolissima doppietta dal titolo teutonico, e non a caso date le sonorità dei pezzi: Das Programm e Gewerbe 15. Nella prima, melodie robotiche e arpeggiatori ipnotici cercano spazio su violenti quattro quarti scanditi da kick e snare che colpiscono dritti al petto; nella seconda, rincorse soniche dal vago retrogusto sinistro sono spezzate da un basso e da piatti gradevolmente molesti, dove a dominare la scena è però sempre e comunque la cassa, come il galateo della techno richiede.
Tomorrow è una piacevole parentesi ambient, e molto azzeccata è anche la scelta di inserire sul formato fisico Against The Clock, traccia figlia dell’omonima serie dedicata di FACT magazine a cui i tre hanno partecipato.
Uscire su Monkeytown ha poi un buon vantaggio: i featuring altolocati. Offline con Rødhåd è una nenia delineata da rintocchi oscuri e un beat ossessivo, un paio di loop pregiati che però, purtroppo, non decollano mai, lasciandoci lì con un senso di triste incompiutezza. Non poteva mancare anche una collaborazione con i padrini Modeselektor: Fjkslktr ripropone quei beat che per tutto l’ascolto si sono fatti apprezzare intersecandoli a glitch violenti e synth più marcati, per una volta, protagonisti.

Non fatevi ingannare dalle apparenze, di nuovo, perché Fjaak è un debut solido, coeso, riuscito. Di tanto in tanto qualche intreccio melodico più sofisticato avrebbe giovato all’ascolto, ma è innegabile che il disco sia costellato di dancefloor bangers. Se è palese che il trio prenda molto in prestito dalla storia della musica di genere, è pur vero che riesca anche a rimettere il tutto in gioco oggi, con una cura sonora che denota una grande maturità artistica e che fa ben sperare per il futuro.

Tracce consigliate: Das Programm, Wolves