Egreen arriva al suo undicesimo progetto in undici anni dopo averne passate tante, anni di gavetta e pochissimi riconoscimenti per arrivare a Il Cuore e la Fame, l’allontanamento dall’Unlimited Struggle e questo Beats & Hate, che ha una genesi praticamente unica in Italia. Il primo settembre Fantini annuncia di voler finanziare il proprio disco tramite Musicraiser, una piattaforma di fundraising incentrata sulla musica, con l’obiettivo di raggiungere i ventimila euro in due mesi. Il 31 ottobre la cifra raccolta è più che triplicata. Da qui una serie di discussioni su cosa farà con quei soldi, come li giustificherà e un sacco di cazzate simili, la gente è pazza. Il disco, invece.

Io sono il libro che parla del libro

Beats & Hate è un disco hip hop, così come Bricks & Hammers, i vari I spit, i due Entropia, Egreen fa hip hop e non gli interessa fare altro, questo dovrebbe essere chiaro. Senza tematiche, senza voler fare politica e senza concetti elaborati dietro ogni barra, lui sputa “da quando i negri a Queens dicevano “I’ve been rhymin’ since” e gli va bene così. Farsi i cazzi propri la parola d’ordine. La cosa divertente è che se da una parte c’è una difesa accoratissima del proprio modo di fare, dall’altra ci sono effettivamente attacchi infiniti su quanto lui non dica un cazzo e su quanto abbia rotto le palle ‘sta storia dell’hippop nel 2015.
Sia chiaro che qui non parliamo di un disco che sembra uscito dal ’92  o di pezzi che effettivamente non hanno alcun tipo di contenuto. I momenti più belli di tutta la discografia di Fantini sono proprio quelli in cui si lascia andare un po’, gli sfoghi certo, ma anche solo quando introduce una parte della sua vita e ne parla come se tu fossi un intruso, a volte i pezzi sono scritti per qualcuno e l’ascoltatore non c’entra nulla, non può capire (di solito) a cosa si riferisca effettivamente questa o quella frase, ma l’impatto emotivo c’è, ed è forte.

Due settimane ai miei trent’anni, undici volte ho preso in mano ‘sti bagagli dicendomi mai voltarsi

Nicholas Fantini ha la terza media e lavora per mantenersi, odia le pose ed è assolutamente contrario a molte forme d’innovazione nella musica; non abbiamo molto in comune, ma il sentimento di malinconia, disperazione, orgoglio che viene fuori da molti pezzi trascende le differenze d’età e di vita, dovresti poterlo capire a prescindere dal tuo status sociale o dalla tua educazione, si parla di umanità, amicizia, onestà. Per questo dispiace moltissimo che abbia deciso di limitarsi e dire “non faccio musica” o “quale scrittore?“, le capacità di scrittura e di fare musica (contrapposta all’hip hop in senso stretto) sono innegabili, tentare di rimuoverle con due frasi suona come una presa di posizione un po’ immatura (qua un insulto me lo prendo).

Io c’ho la fotta di un bimbo di quindici anni che ha appena iniziato col freestyle

Tra l’ascoltare Egreen in cuffia e vederlo live c’è la stessa differenza che passa tra giocare a COD e andare in guerra (o altre banalità simili), e questo giustifica la grossa parte dei pezzi senza neanche un accenno di tematica, live fanno cadere il palco – non che Lacrime Sangue e Sudore lasci indifferente qualcuno. Novanta minuti di fotta pura, qualcosa che se apprezzi il genere ti piace per forza, un cingolato. B&H va visto anche in quest’ottica quindi, e pezzi come Ulysses e La Paura li aspetto live, puntuali.

Provando a vederlo come il seguito de ICELF questo disco rischia di essere deludente, eppure non è cambiato proprio nulla. Tolti i featuring, la costante dei dischi di Egreen è sempre quella: beats e odio.

Tracce consigliate: Il Marchio Del Condor, Shake N Bake