In Dream, quinto disco degli Editors, arriva subito dopo The Weight of Your Love, quarto album e forse primo vero passo falso per la band di Tom Smith e soci. I suoi punti deboli? Melodie trite e ritrite, testi scialbi e piuttosto banali, nessun brano davvero valido.
Da fan degli Editors, devo subito sottolineare che In Dream risente esattamente degli stessi difetti.
I synth, ma questo ce lo aspettavamo, ormai dominano la scena, in canzoni però davvero di poco conto: mai un acuto, mai una melodia davvero convincente, nessuno spunto ficcante.
Sembra essere questo il vero problema, piuttosto serio, degli Editors: si stanno sempre più appiattendo, non stanno diventando (o almeno non solo) una band scadente, quanto piuttosto una band noiosa, prevedibile, che più o meno sa come si dicono le cose, ma, forse, non ha molto più da dire.
Sarebbe sicuramente stupido aspettarsi qualcosa di simile a pezzi come Munich, Blood o simili: gli Editors hanno cambiato direzione da tempo. Precisamente e ufficialmente col terzo disco, In This Light and on This Evening, capace però di offrire brani onestamente bellissimi, altri dall’impatto deciso, in grado di sorprendere e convincere l’ascoltatore.
Qui, invece, regna la quiete più arida.

Il disco è composto da 10 pezzi e potremmo risolvere la sua descrizione in una dialettica composta da “riesce” e “non riesce.”
In Dream, coi suoi brani, riesce ad essere tante cose negative, non riesce ad essere nulla di convincente, di valido.

Il primo e il penultimo brano, No HarmAt all cost, tendono ad una forza evocativa che non hanno, cercano di trasmettere emozioni che non ci sono.
Qualcosa di buono c’è, però. Life is a Fear è un singolone di tutto rispetto, coi synth spinti al massimo, dalla resa live sicuramente buona. Così come The Law, il brano che vede il featuring della ottima Rachel Goswell degli Slowdive.
Gli altri brani sono semplicemente trascurabili, non degni di nota. Si fa fatica a trovare motivi da evidenziare, se non ribadire ancora e ancora che sono insignificanti. Quando non fastidiosi, come nel caso di Our love, in cui Tom, sostenuto da synth poco convinti, si lancia in un crescendo cantato di “Don’t stop believing”, in quello che è un trionfo vero e proprio della banalità.

Per gli Editors è sempre più netto il salto di quantità, in termini di popolarità, copie vendute e pubblico presente ai live: a tutto ciò, come già avevamo predetto parlando del quarto disco, non si accompagna però una crescita in termini di qualità.
In questi casi sorge sempre il sospetto che la vena creativa si stia lentamente estinguendo.
Col prossimo disco, magari, gli Editors ci smentiranno, tirando fuori un disco potente e di personalità. Noi ce lo auguriamo, ma pare davvero difficile: In Dream potrebbe essere il macigno definitivo sulla loro credibilità artistica.

Traccia consigliata: The Law (featuring Rachel Goswell)