Quando gli N.W.A. spaccarono il mondo musicale con Straight Outta Compton (1988) molti di noi erano troppo piccoli per rendersene conto, tanti non erano nemmeno nati. Eppure per chiunque possa millantare una minima conoscenza del genere (ma anche della musica in generale) quel disco rappresenta sicuramente una pietra miliare. Così come pietra miliare è anche The Chronic (1992), primo album solista di Dr. Dre, infarcito dalla costante presenza in ogni traccia dell’amico Snoop Dogg. E poi ci sono 2001 (1999), secondo disco e altro enorme successo commerciale e la fondazione della Aftermath; e poi ancora la “scoperta” di Eminem, un centinaio di dischi prodotti, un terzo disco tanto atteso e mai uscito (Detox) perché dichiarato non all’altezza dei suoi standard, le cuffie Beats e la successiva vendita del brand ad Apple, l’imprenditoria, la radio e chissà quante altre cose sto dimenticando.
Forse con una vita così piena Dre si era dimenticato degli inizi, dell’origine di tutto, del disagio nelle vie di Compton che gli avevano fatto portare un microfono alla bocca, una penna sulla carta. Forse qualcosa è scattato in lui quando, recentemente, ha lavorato al film Straight Outta Compton, ispirato all’ascesa dei “suoi” vecchi N.W.A., sì defunti ma ancora vivi più che mai. È così che dunque nasce Compton, ispirato appunto al film (tant’è che la copertina riporta il sottotitolo A Soundtrack by Dr. Dre), terzo disco solista di Dre, uscito a ben 16 anni di distanza dal precedente 2001.

Sinceramente avevo un po’ di timori a riguardo. Gli scenari possibili nella mia testa erano due: o Dre avrebbe tirato fuori un disco troppo legato al passato, anacronistico, forzatamente nostalgico, oppure una tamarrata contemporanea da mandare in diffusione nei peggiori negozi della California. E invece no. E invece ho sottovalutato un pezzo da 90 che è ancora ben lontano dall’essere considerato un vecchietto all’anagrafe dell’hiphop, lungi da lui essere uno di quegli artisti che tornano sulla scena per riempirsi un po’ le tasche (anche se non è che abbia poi tutto questo bisogno, intendiamoci). Dre è tornato perché ha ancora qualcosa da dire.
Dopo un’introduzione cinematica doverosa, riassunto della tristemente nota storia di Compton e di come è diventata quello che è, si parte subito in quarta con Talk About It, un anthem a tutti gli effetti, ritornello con autotune e temi da rivalsa sociale compresi. Una traccia sicuramente radiofonica, d’impatto, ma non scontata. Sulla stessa scia si possono annoverare anche For The Love Of Money e la conclusiva Talking To My Diary, ascolti diretti, che gasano senza mai eccedere; e in fatto di ritornelli killer sarebbe impossibile non citare anche Darkside/Gone.
Altro aspetto interessante e positivo è la quantità di featuring contenuti nel disco: tra gli altri brillano il pupillo Kendrick Lamar, che dà il meglio di sé in Deep Water, il vecchio compagno degli esordi Ice Cube, che si lancia su una dura base di chitarre che pare costruita apposta per lui, The Game, a cui viene lasciata in toto la gestione canora di Just Another Day, e Xzibit, più carico che mai in Loose Cannons; non poteva poi mancare Snoop Dogg, che torna finalmente a rappare nella bella Satisfiction e nella travolgente One Shot One Kill (piccolo orgoglio nazionale in quanto la base del pezzo nasce da un campione dei “nostri” Calibro 35), e poi Anderson .Paak inserito sapientemente là dove serve (in particolar modo in Animals – la base di quest’ultima è stata curata niente meno che da Dj Premier) e, dulcis in fundo, Eminem in Medicine Man; e davvero per decantare la bellezza della sua strofa ci vorrebbe una recensione a parte.
E poi c’è Dre che non ha perso il flow, non ha perso l’estro nonostante i tanti anni trascorsi più dietro ai mixer e dietro alle scrivanie che dietro ad un microfono.

Compton è un disco vario ma legato dalla genuinità, dalla cattiveria, del forte impatto, dai temi crudi e dal linguaggio altrettanto crudo che ti aspetteresti da un lavoro del genere, da dei Niggaz Wit Attitudes. Dre non è morto, dentro è ancora uomo della strada, è un soldato col microfono in mano ancor prima di essere imprenditore. Compton è a tutti gli effetti il ritorno alle origini della vita artistica di Dre, alle origini di un pezzo di storia della musica. E questa volta sì, possiamo viverla anche noi.

Tracce consigliate: Talking To My Diary, Talk About It (Feat King Mez & Justus), Darkside/Gone