Questo è un album che aspettavo con ansia. Django Django, debutto per i Django Django, band britannica nata ad Edimburgo e insediatasi da un po’ nella cool east London, che nella scelta del nome ha deciso di prendere il nome del maestro Django Reinhardt e raddoppiarlo, decisione che può sembrare piuttosto azzardata, ma i Django Django si presentano subito come un piacere che è difficile da trovare spesso nella musica di oggi.

È molto difficile spiegare per bene la loro musica senza cadere in confusione che si esprime sulla base di uno psycho pop anni ’60 con chitarre R&B e una cadenza elettronica che ti fa notare che alla fine sembra stiano facendo qualcosa di un pochino diverso. Tutto l’album ti trasporta come un’onda, in un contesto di ronzii e riverberi e miscele di chitarre e Hot Chip.

Premi play e ciò che ti arriva subito alle orecchie (ah, attenzione ad avercele pulite) è Introduction e la scelta non sembra del tutto casuale, i synth e un’atmosfera notturna d’altri tempi stile spaghetti western ti preparano a qualcosa di ponderato e non ti accorgi che sei passato a Hail Bop in cui al tutto si aggiungono chitarre surf perché quelle ormai le troviamo ovunque. Calma, pochi minuti, ecco Default. La situazione qui si fa più seria, un pezzone fresco e figo, inutile dire altro. Andando avanti ci troviamo Firewater che si apre con bei tamburi un po’ Black Keys che ti torna già in mente Hail Bop ma non per i tamburi, ma per le sfumature tribali che contengono, che ti fanno ballare ed essere contento. Waveforms forse massima espressione Hot Chip e Metronomy in quest’album che stacca già un po’ dalle tracce precedenti e ci dà un po’ di chill in questo paradiso di chitarre. Zumm Zumm è in scia, i synth che ballano tra Com Truise e la computer music e Animal Collective. Passo indietro con Hand of Man, melodie pop-folk e tanta piacevolezza per due minuti e mezzo in questo mare di synth con pochi naufraghi. Love’s Dart invece ci dice: sono un pezzo acustico ma con le mie percussioni voglio introdurti a Wor. Cos’è Wor. Le sirene ti introducono ad un riff acuto carico figo siamo in un punto altissimo dell’album e bisogna lasciarsi andare perché è ciò che vi accadrà. Basta, tutto finito, anzi no. Storm, Life’s A Beach, sì beach avete capito tutti bene ci accompagnano alle ultime due tracce, quelle di chiusura che sono Skies Over Cairo (che non è Walk Like An Egyptian ma tende ad avvicinarvisi) e poi Silver Rays. Silver Rays chiude Django Django coi suoi tamburi e synth a salutare tutti e darci la voglia di mettere tutto dall’inizio e riascoltare, riascoltare e ballare.

Questo album vi rapirà e se questo non succede avete un po’ di problemi di incontinenza. Come ho detto all’inizio aspettavo quest’album con ansia, l’ansia di ascoltare uno dei migliori album che mi sia capitato sotto mano. Django Django, avremo tanto da fare insieme.