Che i Disclosure fossero una società per azioni lo abbiamo capito tutti. Se gli affari vanno forte quasi come il jet di proprietà, la musica di questo Caracal arricchisce il repertorio dei fratelli sempreverde più o meno come fanno i livelli di photoshop con i segni della pubertà.

Ma prima di coprire i brufoletti, la macchina acchiappa featuring ha rotto il ghiaccio a sangue col basso brutale di Bang That, un assaggio di quello che sarebbe dovuto essere un album marcio, una pantomima techno usa e getta come una t-shirt di Primark, un lavoro acido e accattivante con le sonorità fancy rave e le grafiche pittoresche di Julio Bashmore, riprese e riadattate secondo gli standard della ‘famiglia’. Ma soprattutto, un album suonato con le radici danzerecce ca tieni e con una strobo puntata a 10 centimetri.

La strada insomma era quella giusta, con i Disclosure simbolo della generazione dei bulli coi voti alti perché scopiazzano senza ritegno (oltre la musica, anche la grafica: dalla maschera umanoide in stile SBTRKT a quella felina in stile SBTRKT anche quella, rivendicata, tra l’altro, a suon di tweet cocenti). Ma la famiglia ribadisce: tanti nemici tanto onore.

Il caso vuole che nasca Apple Music e che gli americani comincino a considerare sul serio il potenziale della famiglia, e perché no, allargarla. La spa diventa d’un tratto il più classico dei sogni americani, con il padre di famiglia Zane Lowe che passa da BBC ad Apple Music, lasciando la radio inglese in mano al Gilles Peterson di turno che non tratta i ragazzi fortunati. Tutti questi intrighi sono il motivo della stragrande maggioranza della musica di merda contenuta in Caracal, che da ibrido spin-off si riduce ad un network di sconosciuti con featuring a modi scambio file. È il caso di The Weeknd che con il suo repertorio da hit maker ci omaggia della sua voce tanto funky quanto fastidiosa (Nocturnal), mentre Kwabs (Willling & Able) e Lion Babe (Hourglass) danno un impatto soul classico e accattivante ma senza manco sfiorare le atmosfere dell’house più nera.

Il featuring più inaspettato e sconvolgente sapete qual è? Quello con i Disclosure stessi (Jaded, Echoes), capaci di fingersi popstar con un risultato al limite dell’imbarazzo, soprattutto per le radici ca tengono o che fanno finta di avere. La tregua a questa sofferenza avviene quando ad essere sacrificati sono proprio i classici beat palleggianti, in particolare quando Lorde gioca a fare Lana del Rey (Magnets).

Non male la ricerca di mercato, ma nel complesso Caracal è un album credibile quanto una playlist dell’Ipercoop, con tutto il rispetto per le pause indotte dalle voci delle cassiere, che non avrebbero del tutto sfigurato.

Traccia consigliata: Magnets.