Come suona l’americana se la si annega di peyote e la si lascia cercare la via su un’assolata strada dell’Arizona. Una breve immagine per rendere l’idea del nuovo album di Damien Jurado, che sarà anche originario di Seattle, ma sa creare meravigliose atmosfere desertiche e brucianti come quelle che animano questo Brothers and Sisters of the Eternal Son. Il cantautore americano è al suo undicesimo album, il terzo centro in compagnia del produttore Richard Swift (tra le altre cose, tastierista dei The Shins) ma nel vecchio continente risulta poco conosciuto, tranne forse che a Sorrentino, il quale ha inserito Everything Trying nella colonna sonora de La grande bellezza.
“My last record was based on a dream I had about a guy who disappears,” dalle parole stesse dell’autore “He leaves the house with no form of identification or anything and he decides he just wants to disappear. This new record is sort of a sequel to Maraqopa”.

Come la cupola di vetro raffigurata sulla copertina il disco risplende, ma a differenza della cupola lo fa di luce propria, con tanti alti e pochi bassi. Il nostro condensa questa seconda metà del viaggio del misterioso viandante in 35 minuti intensi ed emozionanti, aprendo le danze con Magic Number, che, nonostante le buone intenzioni e il suo interessante intermezzo strumentale tutto tintinnii e rullante, rimane in definitiva uno dei brani meno memorabili del lotto. Molto meglio Silver Timothy, primo singolo estratto con tanto di video dalle magnifiche riprese naturalistiche e dal significato sibillino, come sibillino rimane il concept della coppia MaraqopaBrothers and Sisters…. Il ritornello vi si stamperà in testa senza pietà: è lo stile, bellezze, lo stile e voi non ci potete far niente, niente. Avanti, ripetete con me ad occhi semichiusi Go back down, don’t touch the ground.
Il viaggio si dipana tra il caos tribale e batteristico di Silver Donna (le percussioni e la batteria di questo album sono suonate con maestria da Joe Plummer, batterista dei The Shins ed ex Modest Mouse) le cui voci acute strizzano tanto, forse troppo, l’occhio ad un Bon Iver in vacanza in Messico, la dolce voce riverberata di Jericho Road che tremola dall’emozione e brani classicamente folk come Silver Katherine o la ninna nanna, quasi immancabile in questo genere di album, Silver Joy.

Personalmente non trovo i riferimenti al reggae più volte citati dalla stampa specializzata: si nota invece una fortissima ispirazione a metà strada fra la musica tradizionale dei Nativi e le sonorità centroamericane, e il risultato finale ne giova parecchio. Buon ascolto.

Recommended tracks: Return to Maraqopa, Silver Donna.