Lose è felice ma triste, sapete? Sì, un altro disco dedicato ad un amico che non c’è più, o alle elucubrazioni adolescenziali: starete già pensando all’ennesimo disco difficile da digerire magari, vero?
I Cymbals Eat Guitars, invece, arrivano al terzo lavoro sfornando nove pezzi dal carico emotivo molto alto sorretti da un sound dinamico, brillante e molto coinvolgente.
Il songwriter e chitarrista Joseph D’Agostino ci regala una sincera e sentita lettera aperta, quasi volutamente autobiografica, che attraversa temi quali la depressione, la crescita, la perdita. Ma il tutto è così bello da ascoltare, sapete perché?
Lose ci presenta una formazione in perfetto equilibrio: al primo ascolto, pensi che tutto sia al posto giusto. Gli strumenti sanno lasciarsi gli spazi giusti, la voce sempre semi-urlata di D’Agostino si addice benissimo all’indole indie-rock/shoegaze del gruppo, e ti trovi già a canticchiare/fischiettare diversi motivi dettati dalle chitarre. I tappetoni di tastiere e synth completano il tutto.
Tutte queste sensazioni le percepisci già al primo, memorabile pezzo, Jackson: una ballata azzeccatissima per introdurci piano piano al mood dell’album, con quella chitarra che detta legge con il suo riff cosi’ catchy. E poi, il songwriting, migliorato ed ancora più accessibile rispetto al precedente lavoro Lenses Alien, coinvolge sempre più ad ogni ascolto.
Si, sarò ripetitivo e fissato, ma più vado avanti con i pezzi, più gli strumenti a corda sembrano veramente farla da padrone. Non riesco ad essere indifferente a quelle linee di basso e soprattutto ai suoni che escono dall’Orange di Joseph: riverberi infiniti, distorsioni a volte aggressive ed altre dolci, una costruzione del sound veramente invidiabile.
L’altro grande punto a favore di Lose è la dinamicità tra i pezzi: dai momenti scanzonati con tanto di armonica di Xr, passando al pop in grande stile di Chambers, fino ai sali-scendi impetuosi di Laramie, una delle canzoni più significative, con una fantastica coda di pazzia shoegaze, dove sembra entrino 8 chitarristi a picchiare la propria Jaguar, tastiere fuori controllo, batteria impazzita. Stupendo. Non ci si stanca mai, ma proprio mai.
La sensazione finale è di un lavoro emozionante, riuscito, e che a discapito delle tematiche rende felici all’ascolto.
Ebbene sì, i Cymbals Eat Guitars migliorano ad ogni album.
Ed ho molta paura che Lose passi inosservato, ma vi scongiuro di non perdervelo.
Per noi appassionati di un buon indie-rock, di quello che certamente non va più voga da un po’, è un disco importante.
Intanto noi aspettiamo D’Agostino per la prossima prova: vediamo se si avvicinerà ancora di più al capolavoro.