L’elettronica viene spesso etichettata come musica fredda, funzionale solo per sculettare e  incapace di generare l’emozioni suscitate dai generi più classici. Anche se ormai  questa convinzione è sempre meno comune, rimane un  antipatico snobbismo, sulle qualità artistiche dei producer elettronici, da parte di una certa fetta di pubblico . Snobbismo, che, ad esempio, il roster della famigerata  label Warp, non perde occasione di smentire, sfornando gioielli su gioielli.
Di questa grande famiglia , fa parte, tra gli altri, anche un certo Chris Clark.
Clark è un eclettico produttore, probabilmente uno degli artisti elettronici più underrated degli ultimi anni. Proprio in questi giorni è uscito il suo settimo Lp self-titled: fino ad ora i suoi predecessori sono stati tutti, più o meno, dei bei lavori, che però, forse, non hanno ottenuto la giusta attenzione . Diciamo che Clark ha sempre fatto vedere ottimi numeri ma non è mai stato osannato come altri suoi colleghi, nonostante non gli mancassero i meriti.
Ricollegandoci al discorso iniziale, con quest’ultima fatica, l’inglese, dimostra tutte le sue doti comunicative e ci fa entrare nella sua personale apocalisse.
Infatti ciò che ci ritroviamo ad affrontare è un disco profondamente oscuro,nevrotico, a tratti schizzato, ma che riesce a coinvolgere totalmente, a farci sentire lì, dentro questo mondo catastrofico a lottare per la sopravvivenza.
Ship is Flooding ricrea l’immagine di Caronte che traghetta le anime verso gli inferi, ma non è altro che il preludio di un uno-due micidiale: della tanto bella quanto disperata Winter Linn e di Unfurla, traccia adatta ad un dancefloor dark e primordiale.
Strenght Trough Fragility risulta il brano più debole, con le sue rilassate note di piano , rallenta il ritmo e ci fa riprendere fiato. Ma per poco tempo perché parte subito Sodium Trimmers, in cui trionfano oscure onde noise e a seguire la schizofrenica e frenetica Banjo. Gli eterei echi e i dolci tintinnii di Snowbird assomigliano a un canto senza speranza. Speranza che non accenna ad arrivare neanche in seguito, nonostante la restante parte del disco sia meno aggressiva.
E così tutto finisce nell’ambient con Everlane.
Un viaggio nel tetro e inquieto mondo interiore dell’artista, che mai come in questa occasione va a scavare nella sua intimità, sfornando un disco che  potrebbe fare da colonna sonora a qualche disaster movie (positivo no?).
Un’ottima prova per quello che si rivela, infatti, uno dei migliori dischi di quest’anno nel suo genere (sfortunato ad uscire lo stesso anno del ritorno di Aphex Twin) e che consacra ancora di più la figura di Chris Clark.

Tracce consigliate: Winter Linn, Unfurla