La banda della Uno bianca, per i meno informati o per i più giovani, è una delle tante bande criminali che fin dagli anni ’60 della banda Cavallero insanguinano l’Italia a suon di rapine condotte a mano armata e grilletto facile: particolarità che la imprime per sempre negli annali della nera italiana è l’appartenenza, presente o passata, di gran parte dei suoi membri alle Forze dell’ordine. Viene fermata dopo sette anni di attività e quasi venticinque morti. Stacco.

Nicola Manzan è un artista e polistrumentista tra i più richiesti nella scena italiana, indipendente e non solo. Conta tra le collaborazioni Non voglio che Clara, Baustelle, 4fioriperzoe, Il Teatro degli Orrori, Offlaga Disco Pax e tanti altri, spaziando dall’indie pop a quella che è la musica della sua creatura solista, Bologna Violenta, che possiamo definire per difetto come grindcore sperimentale. Stacco.

A fine 2013 viene annunciato il nuovo album di Bologna Violenta, chiamato Uno Bianca: ben prima che tale album sia anche solo disponibile per un pre ascolto arriva più di un articolo della stampa mainstream che parla del disco in termini scandalizzati e scandalistici, quasi che non fosse un narrarazione di una pagina di storia ma una sua esaltazione. Questo ovviamente nella fervida immaginazione dei suddetti giornalisti. Uno Bianca arriva finalmente a disposizione del pubblico il 24 febbraio: e già la prima traccia basta per capire che non è cambiato niente. 19 Giugno 1987 – Pesaro rapina casello A-14 è il frinire dei grilli, l’immagine di un casello autostradale in piena notte, la quiete prima della tempesta: fino a che Manzan non punta le armi contro l’ascoltatore e in poco più di mezzo minuto di caos elettrico ed elettronico e sinistri archi stridenti siamo calati di colpo nel clima della prima rapina della banda. Non c’è tempo di rendersene conto e il primo atto è già finito, restiamo solo noi e la nostra terribile insicurezza.
Se le sonorità di Bologna Violenta non ci propongono granché di nuovo rispetto al passato, quello che cambia è l’approccio. È impossibile sezionare l’album, impossibile estrarre un reato da una strage lunga più di un lustro, così impossibile diventa staccare concettualmente uno dei brani che compogono la mezz’ora di Uno bianca dai precedenti e dai successivi. In questo senso Manzan compone qualcosa di diverso da un normale album rock: è un’opera grind. Eppure ciascuna delle 27 canzoni ha piena dignità a se stante, nessuna è lì per fare numero: 03 ottobre 1987 – Cesena tentata estorsione con le sue sfuriate sostenute da brevissimi sprazzi di melodia e chiuso da un lugubre rintocco di campana, il primo di molti, segna il primo morto (la vittima, il sovrintendente di Polizia Antonio Mosca morirà molti anni dopo per le gravi ferite riportate i cui danni non verranno mai rimarginati del tutto).  Strisciante, su 10 dicembre 1990 – Bologna assalto campo rom, lo scivolare dalle acustiche gitane alle colleriche schitarrate elettriche. Tornano le acustiche in 23 dicembre 1990 – Bologna assalto campo Rom ma questa volta in una versione funerea e seguite infatti da due rintocchi di campana a morto.
Grandiosa l’abilità di creare sì musica durissima e senza compromessi ma senza mai perdere quel gusto compositivo necessario a lasciare impressioni ben stampate in testa: un esempio su tutti, 04 gennaio 1991 – Bologna attacco pattuglia Carabinieri, perfetta summa degli ingredienti di Bologna Violenta. Grande lavoro chitarristico al confine con lo speed metal, base elettronica tartassante e un tormentoso intermezzo corale che contiene all’interno un lungo, drammatico campione presumibilmente da un TG dell’epoca.
2 maggio 1991 – Bologna: rapina armeria Volturno è aperta e chiusa dal suono del violino del quale sentiamo i lamenti solitari ad anticipare e dare l’ultimo addio alle ennesime due vittime.
Protagonista assoluto il violino per il brano che mette la parola fine all’avventura di sangue della banda, 29 marzo 1998 – Rimini: suicidio Giuliano Savi, una vittima indiretta delle armi della banda ma non meno importante. Giuliano Savi è il padre dei tre fratelli, nucleo pulsante del gruppo di rapinatori, suicida per la vergogna dopo l’arresto dei figli.

Nicola Manzan non fa prigionieri: implacabile e lucidissimo dipinge solo con la musica, senza mai aprire bocca, senza lasciare un solo dettaglio al caso. Il sangue, la folle imprevedibile violenza, l’inafferrabilità.

Recommended tracks: 03 ottobre 1987 – Cesena tentata estorsione,  29 marzo 1998 – Rimini: suicidio Giuliano Savi