Concepito approssimativamente in due anni, Negro Swan nasce come il diario dei pensieri e le sensazioni passate e presenti di Devonté Hynes, essenzialmente rappresentate per la spontaneità con la quale l’artista si propone al pubblico questa volta, tematicamente personale, ma semplicemente aperto a chiunque lo ascolti.

Come se tutta la carriera Blood Orange avesse sempre celato dietro sé un linguaggio musicalmente libero, Negro Swan è forse il disco che raccoglie al meglio questa essenza, tagliando fuori le massicce ricerche dei suoni di Freetown Sounds e semplificando la propria espressione. Il disco viene registrato in tante, diverse, location sparse per il mondo, da degli studi a Tokio, Firenze, Copenhagen, Londra e New York, alla casa a Los Angeles di A$ap Rocky, nella quale Hynes è stato ospitato per un po’ e da dove poi sono nati i vari featuring e produzioni tra i due.

Qui appunto ci soffermiamo sul tema delle collaborazioni. Lasciando da parte l’ormai già citato discorso delle collaborazioni e produzioni nel quale l’artista compare, soffermiamoci su ciò che accade invece nei suoi album e, in particolare, in quest’ultimo. Ciò che caratterizza i brani di Hynes è il fatto che una volta che è il produttore a richiedere l’aiuto di qualche altro musicista per i propri brani, sono gli artisti ad ottenere modo di esprimersi come vogliono, lasciandogli carta bianca e totale fiducia. Ciò caratterizza in molti aspetti il grande campo di tendenze che copre il progetto. Esempio lampante lo si trova nell’accostamento tra le liriche di Hynes e Georgia Anne Muldrow in Running. Le prime, nere e cariche di sofferenza, cambiano del tutto aspetto come la musicista di Los Angeles attacca con i propri cori di desiderio quasi gospel, deviando le sorti del brano. Simile il featuring con Asap Rocky, raccontato in un intervista di Hynes come qualcosa che “è accaduto e basta”, per un freestyle sulla base già scritta dall’artista Inglese durante il soggiorno in California. Come se quindi niente fosse dettato da Hynes nei propri brani, il suo è anche storytelling, esperienze di vite altrui come quelle delle attiviste presenti nel disco che raccontano esperienze diverse, facendo davvero il punto su tutta l’idea di alterità del popolo nero che sempre si cerca di esprimere nei brani dell’artista. Questa volta da un lato più personale, si parla spesso di un giovane Dev bullizzato per il proprio modo di apparire, quando la propria vita nell’Essex lo ha portato ad un infanzia solitaria per i modi queerness del ragazzo.

La contrapposizione con l’ambiente nei quali tali concetti vengono espressi in alcuni brani riesce ad essere così emotivamente forte da far male delle volte. Nei primi tre brani del disco si sente una totale sensazione di quiete ritagliata in questo spazio sicuro ricavato dal artista nel suo futuro quasi stabile. L’attacco dopo i field recordings di New York in Orlando è una porta spalancata in questo habitat deciso dal caloroso falsetto, i bassi ritmati e le improvvise chitarre funk, il quale calore risalta una certa sicurezza. Sicurezza del suono oscurata da sempre da delle liriche su un passato triste e un futuro che ha molto da migliorare, i cui cori sembra abbiano da dire tutt’altro per il calore che emanano (si veda la bellissima Saint cantata da Aaron Maine dei Porches, BEA1991, Adam Bainbridge e l’incredibile Ava Saiin).

Tra un Puff Diddy per la prima volta non pretenzioso nei suoi background vocals e l’incredibile tocco di Steve Lacy nella produzione di Out Of Your League, i featuring di questo disco segnano un continuo cambiamento di mood sicuramente deciso dall’artista. Questo lavoro di Blood Orange riesce ad avere una certa continuità per quanto possa essere spezzato tra un brano e l’altro. A dare maggiore esempio di quali correnti segue il disco vi è la sequenza: Chewing GumHoly Will  e Dagenham Dream, le quali iniziano nel già citato imponente feat con Rocky, cupo forte e accattivante (esempio raggiungibile anche nello stacco di Jewelry, Vulture BabyMinetta Creek), seguono nella forte luce di sicurezza emanata da Holy Will (Hope e Charcoal Baby seguono la stessa corrente) e vengono poi dissolute nella terza ballata Dagenham Dream, mix dei vari stati rintracciabile anche in uno dei picchi del disco, Nappy Wonder, la cui ripsesa contenuta in uno dei più quieti e fuori dagli schemi brani è tra le produzioni meglio riuscite del musicista.

Negro Swan è un disco che solo dal titolo esprime il più grande concetto dietro l’album. Non appartenere a niente è uno dei maggiori problemi che Dev Hynes è riuscito ad affrontare nel più grande dei modi. Ottenendo ciò che poteva da ogni esperienza di vita, quest’anima in pena ha portato con sè un bagaglio musicale enorme che continua a crescere con il tempo, facendosi finalmente capire dal mondo che lo circonda.