Questo avrebbe potuto essere l’album che avrebbe deciso se i Beach Fossils sarebbero continuati a essere i Beach Fossils o se sarebbero diventati “la band in cui quello dei DIIV una volta suonava la chitarra”. Purtroppo in Clash The Truth Dustin Payseur sembra avviarsi sulla seconda delle due strade possibile con un album che, per quanto bello, non può che sembrare “di transizione” se confrontato con i lavori pregressi (non solo l’omonimo esordio, ma anche l’EP What A Pleasure). Transizione verso dove? Ancora non si sa.

L’album deve fare i conti con l’ormai ingombrante paragone con Oshin dei DIIV di Zachary Cole Smith, complici anche una serie di ovvie somiglianze (dreamy jangle pop per dirne una, boh), che però nel caso di Clash The Truth rimane ancorato e uguale a se stesso (tremenda, ad esempio, la totale identicità dei primi istanti di Shallow e In Vertigo) in territori surf con timide aperture al punk (non solo nell’estetica, anche nell’approccio e nella mera “logistica”: Ben Greenberg dei The Men alla produzione del disco, immersa totalmente nel lo-fi), mentre nel caso di Oshin si reinventa di episodio in episodio e dallo shoegazey dream pop arriva a toccare tanto il post punk quanto il kraut rock. Ma tranquillo Dustin, Clash The Truth è davvero un bell’album e, dimenticandosi i paragoni col tuo passato e con il presente di Cole, potrebbe essere un discone. Sicuramente è infinitamente superiore a quella roba che aveva fatto quell’altro là che era uscito dai Beach Fossils, quell’Heavenly Beat là, quello che suonava il basso, quel John Peña che si era messo a fare chill pop vacanziero col mandolino…

Perché alla fine, salvo Sleep Apnea e Birthday, Clash The Truth è una raccolta di brani certo molto simili ma che ogni amante dei Beach Fossils, della Captured Tracks e del dream pop anni ’10 in generale non potrà fare a meno di amare. Anche i momenti che nell’insieme sembrano meno memorabili (Generational Synthetic, Caustic Cross e Crashed Out), presi singolarmente sono degli ottimi brani, quindi se nel resto dell’album ci sono Taking Off, Shallow e Burn You Down diventa inevitabile farselo entrare nel cuore.

Poi c’è la splendida In Vertigo con il featuring della Re Mida dei featuring indie, Kazu Makino dei Blonde Redhead. Poi c’è l’opening track (“Dream, rebel, trust, youth, free, life, clash, truth; real, time, gone through, peace, piss, shine, proof. Clash, truth, lush, you, lost time, so confused; charge, train, hate, proof, nothing real, nothing true.”) che se dopo la preghierina fosse ripartita sarebbe stata di sicuro il miglior pezzo della discografia e invece rimane la bozza di qualcosa di così bello che non lo sapremo mai. E poi c’è Careless: jingle-jangle con chorus letale, batteria fuori controllo, basso diretto e spoglio che si sposa alla perfezione con il riff in un vortice che da solo vale tutto il disco.

Tracce consigliate: Clash The Truth, Careless.