Se vi dico Salerno voi a cosa pensate? Sole, mare, pizza, drone e techno. Ecco magari gli ultimi due no. Basta cliccare play a questo Fracture per accorgersi in brevissimo tempo che Anacleto Vitolo, in arte AV-K, deve aver vissuto un’esistenza precedente, chessò io, a Bristol.

Su lande oscure e desolate il musicista muove i suoi passi, lentamente. Attorno è il nulla, delirio post apocalittico, fosche atmosfere pervadono gli animi. Su plumbei droni si fanno largo loop percussivi ipnotici, rumori di ferraglia, terroristici raid distorti (Prx/Dlt). Talvolta pare non ci possa essere nessuna via di scampo, un macigno pesa sul petto, si fatica a respirare (Morph). In 2 fa capolino della speranza, dalla polvere filtra una luce, subito troncate da dolorosi rigurgiti infernali, così come dolorosa è la staticità dei sedici minuti della conclusiva 1114, una prova di coraggio per l’ascoltatore. Drag è una corsa disperata, una fuga a ritmo di cassa su per una sconosciuta montagna, guidata dalla bramosia di conoscere cosa ci sia dietro al macigno di roccia: un nuovo mondo? Forse.
Ma è quando AV-K alza finalmente lo sguardo, implorante, che si assaporano i momenti più riusciti del disco. Se We apre la porta a glitch percussivi meno tetri del solito, la titletrack suona come i Boards Of Canada che incontrano Tim Hecker in territorio Tri Angle. Un barlume di fiducia in un distopico presente, un’illusione che sarebbe bello ritrovare in ruolo da protagonista nei prossimi lavori.

Cosa resta all’artista, all’uomo? Instabilità totale mista però ad un’attrazione intrinseca verso l’ignoto, tensione infinita verso un’irraggiungibile pace. La consapevolezza della ricerca è però il focus principale del musicista artigiano, intento nella sua bottega a sperimentare e a spingersi oltre il limite sonoro conosciuto. È nel percorso che AV-K trova se stesso e la spinta propulsiva alla sua arte, e il percorso è, potenzialmente, infinito.

Tracce consigliate: Fracture, Prx/Dlt.