Autre Ne Veut nella vita fa il neuropsicologo ed il cantante e chiama il suo secondo disco Anxiety.
Autre Ne Veut
, all’anagrafe Arthur Ashin, è un neuropsicologo che fa R’n’B e che al college aveva come compagno di stanza Daniel Lopatin, in arte Oneothrix Point Never, e loro l’adolescenza la passano a fare cose per cui possono essere considerati strani dagli altri, come creare robot da combattimento o guardare Star Trek il sabato sera. Uno quando pensa ad un cantante R’n’B di oggigiorno si immagina Frank Ocean, abbronzato e prestante, Miguel che fa il fighetto nei video, The Weeknd e compagnia, provenienti più o meno dalla scena hip-hop. E invece si ritrova davanti questo bianco smunto e bruttino (non me ne voglia il signor Ashin, ma non è proprio un belvedere) che arriva direttamente dal passato per quanto riguarda le influenze, che sperimenta con le basi, aggiunge sintetizzatori direttamente dagli anni ’80 e al college era uno sfigatello. E fa bene così.

Cosa ci si deve aspettare da Anxiety? Il titolo può fuorviare, perchè chiunque si aspetterebbe un album concentrato su questo tema, invece solamente nelle lyrics si avverte questo senso di oppressione che l’ansia spesso porta, dato che sotto il punto di vista sonoro spesso si vengono a creare passaggi molto aperti e vivaci, nati dalla perfetta consapevolezza da parte di Ashin di come creare una canzone pop pur ispirandosi nella produzione appunto a gente come Lopatin, che di pop ha giusto la p all’interno del nome.
La prima traccia, Play By Play, permette di capire questo concetto più di qualsiasi altra all’interno dell’album: il ritornello rimane in testa, così come il falsetto penetrante ed il coro, ma quello che la rende davvero unica è la sperimentazione applicata alla melodia che cade nella cacofonia data dagli strumenti impiegati, come voci femminili, campane o sintetizzatori gorgheggianti. In questo disco niente è effettivamente come sembra, e ce lo conferma la seguente Counting, che potrebbe benissimo parlare di una relazione che pur essendo agli sgoccioli non vogliamo che finisca, le parole cercano di convincere l’amante a rimanere, invece come si può dedurre dal video e come Ashin stesso spiega, questa parla della sua paura di perdere la nonna, in fin di vita. Così come la speranza è appesa ad un filo, allo stesso modo la voce, l’immateriale falsetto è ciò che riesce a tenere insieme il tappeto di suoni spesso discordanti fra di loro, con risultati eccellenti.
La forza di questo disco sta esattamente nel gusto, nelle scelte sempre azzeccate, anche quando Autre Ne Veut azzarda un po’ di più, dato che nelle restanti tracce si può sentire di tutto: la voce deformata, allungata e piegata in ogni sua sfaccettatura, le basi che passano da puramente elettroniche all’accogliere la partecipazione speciale di chitarre che ricordano l’hair rock, e nonostante tutto sono elementi che contribuiscono a rendere l’album vario, ma mai esagerato.
Ego Free Sex Free è la traccia dove si sente di più il distacco dal tema centrale, ed è probabilmente la più riuscita del disco: riesce a conciliare una voce particolarmente sexy e confidente, che canta un’ode all’amore fisico, accompagnata da un coro angelico che prende tutta la distanza possibile dall’argomento pur riuscendo a rimanere attinente, salvo scomparire nel ritornello, dove la fanno da padrone sintetizzatori scoppiettanti che caricano e che la rendono entusiasta.

In questo disco Ashin canta come se non ci fosse nessuno ad ascoltarlo, di modo che la voce non sia influenzata da nessuno, l’ansia scompaia e il meglio di lui riesca ad uscire allo scoperto, lasciando che siano le canzoni a parlare, ed è raro che questo obiettivo sia conseguito in modo così naturale. La passione che viene immessa nelle tracce è enorme, tanto che spesso si riesce a percepire di come la voce sia arrivata ad un limite fisico, nonostante lui voglia spingerla ancora oltre, come ad esempio in Warning. Per fortuna qualcuno ci prova ancora.

Tracce consigliates: Ego Free Sex Free, Play By Play, Counting.