L’unica cosa assolutamente chiara di Reflektor, amici miei, è che è un disco enormemente complesso.
Gli equilibri dell’ultimo album degli Arcade Fire sono retti saldamente da una produzione esagerata e dalla solita creatività ed emotività della band di Montreal, ma ciò che fa la bellezza di questo disco sono le sfumature, i casi borderline e la palese diversità rispetto ai lavori meno recenti.
James Murphy in Reflektor ha un ruolo così importante che in alcune occasioni, il suo apporto, può suonare piacevolmente invasivo.
Gli ingredienti di Reflektor però non sono del tutto nuovi alla band canadese, anzi, il marchio di fabbrica Arcade Fire è presentissimo, con i suoi epici crescendo, le incredibili composizioni e arrangiamenti, nonchè le solite soluzioni. Quel che suona nuovo di questo disco è una certa attitudine Murphyana nelle strutture delle canzoni, oltre che un buon sconvolgimento dei suoni, dalle percussioni vagamente tribali a una componente sintetica, soprattutto nelle linee di basso, che spesso sconvolge, chiaramente in positivo, un intero pezzo.
Pure le situazioni più classiche del disco, come Joan Of Arc, suonano rinnovate dalle soluzioni sopra descritte.
E di situazioni classiche, di pezzi che ti aspetti da Win e compagnia ma che in ogni caso ti devastano, ce ne sono: Aflterlife è probabilmente il pezzo più bello del 2013 ed è proprio uno di quei pezzi che ti aspetti, bonghi e cazzi a parte, non ha niente da invidiare a una Rebellion, tantomeno a una Ready To Start.
Here Comes The Night Time come Reflektor stessa, nonostante certi suoni, sanno ancora assolutamente di Arcade Fire e forse questo può essere il primo di una lunga serie di punti di forza del disco e di conseguenza della band: non credo sia facile, o quantomeno non è comune, riuscire a rinfrescare il proprio repertorio e mantenere il proprio inconfondibile tocco. Questo rende gli AF una band immensa: avere una personalità così forte ma così versatile è dote rara. Con le dovute cautele, distanze e proporzioni è una cosa riuscita (ahimè molto meglio) a una sola band negli ultimi 15 anni che risponde al nome di Radiohead.
Poi ci sono altri pezzi che magari ti aspetti un po’ meno o che magari solo con una fervida immaginazione e un buon intuito potevi anticipare. Parlo di quelli nella seconda parte del disco, tripletta mortale: Awful Sound (Oh Eurydice), It’s Never Over (Oh Orpheus) e Porno. Questi tre pezzi da soli bastano a fare la complessità del disco.
Awful Sound è così fuori classifica sia nel macrocosmo AF sia nella mente James Murphy che probabilmente è il pezzo che sorprende di più. Suona come probabilmente suonerebbe Instagram se cantasse: una bella melodia che ricorda con una certa fedeltà le atmosfere degli anni settanta nel duemilaetredici, una melodia che si ascolta facilmente ma che per essere usufruibile a tutti è frutto del duro lavoro di decine e decine di ingegneri pagati con una barca di soldi. It’s Never Over insieme ad Afterlife è la perla di Reflektor ed è il trait d’union tra Arcade Fire e James Murphy, le melodie spaziali dei primi e le drum machine consumate dal secondo, l’esplosività dei primi e la precisione club-oriented del secondo. Porno, invece, è il bel danno del disco. Le drum machine non suonano neanche più umane, un rullante triggerato per tutti i sei minuti del pezzo, i synth wobble e i bassi LCD SS fanno di questo un pezzo che non sfigurerebbe in catalogo DFA. E ancora una volta è un altro pezzo che sorprende.
Il disco finisce con Supersymmetry, apoteosi di arpeggiatori nella prima parte e di sperimentazioni sonore (più comunemente note come rumori) nella seconda. Undici strani e piacevoli minuti.
A conti fatti, a disco parzialmente metabolizzato, Reflektor è un capolavoro, un capolavoro vero.

Tracce consigliate: Afterlife, It’s Never Over (Oh, Orpheus), Here Comes The Night Time