Giovani di belle speranze dalle province minori dello Stivale, unitevi.
Gli Abiku, qui presenti con il secondo full lenght, potrebbero aver tracciato la via al di fuori del monopolio dell’asse musicale Mi-Bo-Rm. Provenienti dalla forse non vivacissima scena indie di Grosseto i nostri approdano via a questa prova discografica con il supporto della Sherpa Records laddove il debutto era autoprodotto e autocommercializzato.
E quindi eccoci a La vita segreta, il cui nome nelle parole del frontman Giacomo Amaddii Barbagliè venuto in mente tanto tempo fa quando non avevo in mano che poche canzoni allo stadio embrionale. Ho scritto il materiale per il disco inseguendo questo concetto. Il risultato è qualcosa di quasi diametralmente opposto rispetto al tipo di scrittura presente in Technicolor“. E a incorniciare la particolare situazione di outsider geografici viene ribadito che “abbiamo semplicemente rigirato a nostro favore una difficoltà che abbiamo vivendo a Grosseto un posto molto fuori dalle rotte normali. Non ci sono studi od etichette discografiche, per cui ci siamo presi tutto il tempo, abbiamo lavorato senza furia.”
Le premesse sono interessanti e viene già voglia di dargli fiducia, di incoraggiarli; una generica simpatia non equivale ovviamente in ogni caso a una garanzia di qualità. Per fortuna, loro e nostra, gli Abiku non deludono, tutt’altro.

Le tematiche di fondo sono incredibilmente semplici (un maligno direbbe che sono banali o peggio ancora provinciali) ma per nulla banale è l’approccio utilizzato, a livello vocale, musicale, testuale. Un ponte gettato fra isole apparentemente lontanissime, dalla scuola cantautoriale italiana, omaggio a più riprese limpidissimo da carpire, al rock progressivo che non vuole strafare ma che suggerisce invece di spiattellare virtuosismi e saccenza.
La voce è sempre un po’ smorzata, ovattata e immagino che l’effetto sia volutamente ricercato, per dare un’idea di volo a bassa quota, umile. Ma è solo un’illusione e la modestia, anche nel porsi e nel proporsi, è quella di chi sa ma non eccede; non ne ha bisogno o soltanto non vuole.
E’ un ascolto bucolico, La vita segreta, perché potrebbe benissimo essere la colonna sonora di una gita in campagna da soli o in compagnia, più intimista o fatta di condivisione di momenti. Non è invece un album da sonnifero e la differenza è tanta: a tenere sveglio l’ascoltatore ci pensa una notevole varietà nei brani e un comparto lirico degno di autori ben più affermati.

Il riscatto della scena indipendente italiana, rimasta (a mio avviso) orfana per un verso a causa del decadimento dei nomi più importanti degli anni ’90 che hanno visto un brusco crollo nella qualità compositiva e per un altro per quasi mancanza di eredi, può passare anche da qui. Dove Lucio Battisti prende il posto di Kurt Cobain come modello ispiratore e, per una volta, non c’è puzza di arrivismo più o meno furbesco. Personalmente faccio il tifo perché gli Abiku, dalla provincia di Grosseto, non perdano la strada verso un meritato successo.

Traccia consigliata: Non andare via, Otto ore