Fermi tutti, in quanti abbiamo esitato nell’ascoltare il nuovo A Tribe Called Quest? Siamo in tanti. Se provassimo a urlare “Can I Kick iiit” nello stesso istante non riusciremmo neanche ad avvicinarci al rumore che emette We Go it from Here… Thank You 4 Your service. Non a caso, si tratta un album eloquente in ambito black music e cultura popolare (con dentro anche i bianchi), che fa da sponda al Black Messiah D’Angelo e ai i più recenti richiami alla collettività del prigioniero incazzato ai Grammy Kendrick Lamar e di chi lo ha detto al Superbowl, Beyoncé.

Cosa hanno in comune questi artisti è il bisogno di dover parlare per una nazione, una comunità, per gli infiniti #sayhisname #sayhername uccisi fatalmente dalla polizia, e di farlo con la stessa attitudine con cui il movimento di liberazione di colore #blacklivesmatter è emerso nella scena nazionale americana, diventando da traino per dibattiti su tematiche razziali e disuguaglianza. Si pensi che durante il caso Ferguson i social media americani bianchi parlavano di notizie ‘bianche’ per più del 90%, dimostrando la difficoltà nell’approccio alla questione, unita all’indecisione nel rendere pubblica o meno la notizia già sotto gli occhi di tutti.

Insomma, Trump o non Trump, della satira amara di ATCQ ne avevamo bisogno come il pane, e questo ultimo e definitivo album sposta il rap verso le sue vere radici politiche, rendendolo uno strumento di comunicazione quasi inevitabile per il contesto storico attuale. Così Q-Tip invoca gli ideali simbolo della nuova generazione di Dis Generation, lasciando il testimone ad artisti come Lamar, Joey Badass, Earl Sweatshirt, per aver a loro modo incarnato gli ideali hip hop ispirati alla cultura afro-americana e nascosta nell’attivismo sociale del soul.

They are extensions of instinctual soul

Come 18 anni fa, così adesso, We got it from Here… Thank You 4 Your service suona come uno stereo a cassette posizionato in una strada dell’ormai gentrificato Queens di New York, come uno slogan, un ringraziamento speciale a chi ha lasciato una traccia indelebile nella musica e ha dato vita ad una vera rivoluzione per le nostre orecchie pensanti. Caro Phife, ci mancheranno i tuoi battibecchi con Q-Tip, il tuo modo di fare rap, e quella strana alchimia che riesci solo tu a creare tra liriche e beat, a partire dall’inno generazionale di We the People…. dove Tip parla di poliziotti in modalità killing-off-young-nigga e persone intrappolate nel ghetto come pesci in una sfera di vetro, mentre tu con il tuo estro paragoni l’incapacità dei media nel riconoscere la musica realmente impegnata con quella di un lanciatore che non sa come colpire la palla con una mazza da baseball.

Ci mancherà anche la tua capacità di leggere nel futuro, come fai nella struggente Conrad Tokyo insieme a Kendrick Lamar,

CNN and all this shitgwaan yo, move with the fuckery
Trump and the SNL hilarity

dove butti merda sulla qualità dell’informazione della CNN pre votazioni, e sul Saturday Night Live che sceglie come protagonista di una commedia lo stesso Trump. Fatalità ha voluto che i primi ospiti a salire sul palco del SNL dell’era Trump siano stati proprio gli A Tribe Called Quest.

Non so da quale letto avrai scritto queste parole. E poi mi chiedo come hai potuto mantenere questa lucidità nella sofferenza del tuo diabete curato, per motivi economici, solo parzialmente. Anche se hai perso una parte delle registrazioni dell’album a casa di Q-Tip, quando c’eri tutto era come ai vecchi tempi, come conferma Busta Rhymes. Sappi che gli ospiti, da Lamar ad Anderson .Paak, da André 3000 a Jack White, da Kanye WestElton John, suonano e rappano quasi per tua devozione e per questa nuova e ultima produzione iconica. Lo fanno con quel nodo alla gola che testimonia l’enorme influenza che il nome ATCQ avuto su ognuno di loro, su Kanye in particolare, che li spinge ad interrogarsi sui nostri ideali (Solid Wall of Sound), sul ribrezzo verso le troppe ingiustizie (The Killing Season) e ad avere la voglia di rimettersi in discussione (Kids…) per poi trovarsi smarriti e chiedere indicazioni (Movin’ Backwards).

Non è un sogno lucido o un vortice spazio temporale o un’altra di quelle operazione nostalgia. C’è bisogno di dirlo a gran voce: questo album esiste davvero.

Tracce consigliate: Dis Generation, We The People…., Conrad Tokyo.