Sono passati più di vent’anni dal processo più famoso d’America che ha visto imputato la star del football americano O.J. Simpson per il duplice omicidio della ex moglie e dello sventurato Ronald Lyle Goldman, trovatosi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

La vicenda è iniziata nel 1994 e si è conclusa un anno dopo con un’incredibile assoluzione per mancanza di prove con la nota formula “oltre ogni ragionevole dubbio” a seguito di un processo altamente mediatico iniziato – peraltro – con la notissima fuga dell’imputato in diretta nazionale.

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Anche durante le udienze si è assistito ad un vero e proprio show del pool di avvocati di Simpson che – secondo alcuni – è riuscito a ribaltare una sentenza praticamente già scritta grazie all’inesperienza del procuratore, ma soprattutto tirando in ballo il fattore razziale. Secondo la difesa, infatti, il colore della pelle dell’imputato sarebbe stato il fattore determinante per addivenire ad una sentenza di condanna anche in assenza di presupposti. La sentenza di assoluzione non lo ha, comunque, liberato dalle catene della giustizia. Dal 2008 è infatti detenuto per rapina aggravata e sequestro di persona.

Qui la nota scena dei guanti troppo stretti.

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Ebbene, il fattore razziale viene preso ed inserito nel nuovo brano di Jay Z, The Story of O.J. nel quale viene raccontata la storia di Jaybo che si alterna tra campi di cotone ed una pioggia di nigga, colored e discriminazione di ogni tipo, fino all’emblematica frase

I’m not black, i’m O.J.

Il tutto viene presentato in versione cartoon in un videoclip diretto da Mark Romanek sullo stile dei vecchi e celebri Looney Tunes.

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