Alla fine Godot è arrivato e, benché il tempo sembrasse essersi fermato, sono in realtà passati anni; tre, quattro, o anche di più. Difficile collocare temporalmente l’inizio del fenomeno del bagarinaggio online, sottovalutato inizialmente, smascherato nel Regno Unito agli inizi del 2014 e, finalmente, portato all’attenzione dei media italiani negli scorsi mesi.

Gli alberi hanno perso le foglie, i capelli si sono velocemente ingrigiti e la speranza che fosse fatta luce su una delle questioni legali/musicali più fastidiose degli ultimi tempi stava lentamente lasciando il passo alla disillusione, ovvero a quel senso di rassegnazione tipico di chi non ha gli strumenti per inerpicarsi su faticosi sentieri desolati. Come spesso accade, la legge non si lascia avvicinare facilmente, ma piuttosto, si chiude, ergendo un alto muro invalicabile che tutela solo chi comodamente ci si siede dietro e che si fa scalare solo da chi è in grado di muoversi agilmente tra i vuoti normativi e le teorie dell’interpretazione.

Si è letto che la Cassazione non riconosce il bagarinaggio come reato, o come illecito civile; si è detto che il Legislatore ha tenuto nel congelatore la questione perché troppo impegnato a dirimere altre e più decisive questioni. E alla fine, la strada di poi poi, ha portato alla casa di mai mai, all’interno della quale l’intenzione non si traduce in azione.

Oggi non arriverà! Forse domani.

E così, mentre molti sono rimasti fregati mentre cercavano i tagliandi di questo o di quel concerto, sopraffatti dalla frustrazione e dalla rabbia nel vedere i layout di ingresso vietato, di posti esauriti e di intasamento del sistema, qualcuno ha creduto davvero che Godot non fosse solo il personaggio da tirare fuori quando le soluzioni non arrivano come nei più dozzinali modi di dire, e lo ha cercato per davvero, aspettandolo pazientemente, convinto che un giorno si sarebbe palesato, ribaltando 50 anni di letterattura.

La forma di Godot, nel nostro caso, ha preso le sembianze di una sanzione, comminata proprio in questi giorni dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) dopo le segnalazioni che hanno sommerso gli uffici dell’Antitrust. Una sanzione cospicua che – va da sé – speriamo non finisca nel cimitero delle sanzioni mai eseguite e che rompe definitivamente quel muro di silenzio ed indifferenza che ha contraddistinto il fenomeno secondary ticketing, che negli anni ha arricchito i ricchi, fatto felici gli amici degli amici e lasciato a casa tutti gli altri.

Parliamo di una sanzione nel complesso determinata in 1,7 milioni di Euro diretta, nell’ambito del mercato primario a Ticketone SpA e, rispetto al mercato secondario, a Seatwave, Viagogo, Ticketbis e Mywayticket e avente ad oggetto gli ormai noti concerti di Adele, Red Hot Chili Peppers, Bruce Springsteen, Foo FightersColdplay, U2, Renato Zero, Ed Sheeran, David Gilmour, ribattezzati dalla stessa Autorità Garante hot events.

La dinamica ce la siamo raccontata più e più volte e chiunque, almeno una volta ne è rimasto vittima, o in qualche modo ha preso parte a questa enorme ed inarginabile illusione di poter far tutto da casa, senza doverne pagare l’in-giusto corrispettivo.

Tuttavia è bene precisare che, nonostante la decisione del Garante, il bagarinaggio on line continua a rimanere lecito (e diversamente non potrebbe essere posto che l’AGCM non ha potere innovativo dell’Ordinamento) ed uno dei principali accusati dai media, cioè Live Nation non è stato colpito da alcuna sanzione. Tuttavia l’escamotagè per sanzionare chi non conosce altro vocabolario se non quello della speculazione è degno comunque di nota e questa volta, sì, anche lo sprovveduto si è ritrovato al di là del muro a pochi centimetri dalla verità. Una verità che era già conosciuta, o quantomeno ipotizzata da tempo, ma che i provvedimenti del Garante rendono ufficiale. Un conto è pensarlo, apprenderlo de relato; un conto è, invece, trovarsi tra le mani il cartaceo, col timbro dello Stato e la tanto austera, quanto solenne, grafica dei provvedimenti dell’Autorità.

Biglietti messi in vendita e spariti dopo pochi minuti e ricomparsi a prezzi ultra maggiorati sui siti del mercato secondario; prenotazioni fasulle on line e terminali malconci. Una storia che raccontiamo da anni e che abbiamo quasi imparato a memoria, nella dinamica e nei risultati.

La leva, utilizzata per sollevarsi oltre l’invalicabile è stata quella delle pratiche commerciali scorrette e, nella specie, della mancanza di diligenza professionale, (per i più interessati: artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo), che si sono realizzate in diverse fasi e che sono state giudicate in due separati procedimenti:

Per quanto riguarda Ticketone e, quindi, per quanto concerne il mercato primario, la Società avrebbe dovuto predisporre misure antibagarinaggio, tese al contrasto dell’acquisto di biglietti con le procedure  automatizzate, anche attraverso previsione di specifiche regole, procedure o vincoli diretti a limitare gli acquisti plurimi di biglietti e a verificare ex post la liceità dell’acquisto. L’omissione, nel caso di specie, è da ritenersi provata anche per presunzioni, poiché l’esigibilità del comportamento conforme ai canoni di buona fede e correttezza è  quello che ragionevolmente ci si attende e si esige dal professionista.

Tra le righe del provvedimento (tanto per dare delle indicazioni di massima) che trovate interamente disponibile qui, si legge testualmente:

Rispetto ai canali di Ticketone, da un’analisi effettuata dal professionista stesso nel maggio 2016 risulta accertato che circa [15-25] persone, alle quali sono riconducibili circa [80-150] account, hanno acquistato circa [15.000- 22.000] biglietti per un controvalore di circa [800.000-1.400.000] euro, per vari hot events nel 2015 e primo trimestre 2016.

Per quanto riguarda, invece, il mercato secondario tout court, le violazioni delle altre 4 società hanno riguardato i molteplici obblighi informativi che, appunto, stanno in capo all’imprenditore e che sono stati palesemente carenti ed intempestivi. In particolare, come riferito dalla stessa Autorità:

si è ritenuto che i professionisti, da una parte non precisavano adeguatamente al consumatore le caratteristiche dei biglietti in vendita, non specificandone il valore facciale e il numero di posto e fila né i diritti e le garanzie riconosciuti in caso di cancellazione dell’evento e, dall’altro non chiarivano il proprio ruolo di mera intermediazione svolto sul mercato secondario.

Godot è, dunque, giunto; tra la sorpresa di tutti, a risolvere una vicenda tragicomica che ha assunto con il tempo contorni talmente surreali, da poter essere ricondotta solo alla realtà. E mentre colui che non sarebbe mai potuto arrivare ci degna finalmente della sua presenza, attendiamo sul palco il sig. Tar, in veste di censore ultimo di questo penoso teatro dell’assurdo che ha iniziato a far sbadigliare anche i più appassionati; invocato a gran voce da chi si proclama innocente davanti al proprio pubblico, che lo ha ingrassato per anni e che non ha mai avuto una vera alternativa.