Il fenomeno Alt-J è ed è stato davvero imponente in questo 2k12. Qualcuno di voi ha avuto l’occasione di vederli live all’estero, molti altri hanno avuto l’occasione di vederli live in Italia in due occasioni particolari: Ypsigrock Festival e A Perfect Day Festival. Ecco, la data di ieri sera a Ravenna è stato il primo show targato Alt-Jenientepiù in Italia, dopo tanto hype e tanti ∆-Taro-Sheshesheshe.

Il tour italiano dei 4 di Leeds parte da Ravenna (ieri sera), continua per Roma (stasera) e termina con Milano (domani sera), un tour fatto di sold out, di attese e di annunci, di location spostate ma soprattutto di consacrazione.

Gli Alt-J infatti si sono imposti, in così poco tempo, come una delle band più in voga del momento a livello internazionale, coinvolgendo anche il nostro bel paese, andando ad infettare sia le orecchie più indie alt hip sia quelle più lamestream nonché mainstream; lo shuffle del mio iPhone passa dai Panama agli Alt-J, ci sono iPhone che raccontano di shuffle che vanno da Fabri Fibra agli Alt-J.

Dopo averli visti live precedentemente, ieri sera al Bronson di Madonna dell’Albero in provincia di Ravenna volevo testare sul campo questo trend travolgente. La fortuna ci ha permesso di intervistare la band britannica, coinvolta in uno stanzino da discorsi sugli arancini tra bottiglie di gin e Oban (l’intervista agli Alt-J uscirà sulle nostre pagine lunedì). Dopo intervista, cena, e ciò che segue, il Bronson apre. L’affluenza è regolare, l’età dell’audience è variegata, qualcuno è lì per caso (a quanto mi pare di origliare) ed altri son lì per qualcosa che ancora non conoscono proprio bene.

Gli unePassante riscaldano la folla ormai già formatasi, folla che (come è solito) vorrebbe poter comandare il tempo e mandarlo avanti di un’ora. La musica di intrattenimento fa da cornice all’attesa, gli unePassante hanno ormai finito da un po’, un triangolo in plexiglass e neon è posizionato lì nel mezzo ad accogliere la band che tutti ma proprio tutti non vedono l’ora di tastare, di ammirare, di testare. Arrivano sul palco, Gwil aka la Mondaini, Joe, Gus e Thom. Sono proprio come tutti li avevano visti in foto, in video, magari in qualche gif.

(Interlude 1), sheshesheshe (che riporterà curiosi aneddoti nell’intervista) provoca subito eccitazione, eccoli lì, stiamo per ascoltare tutto ciò che han fatto, è questo il pensiero medio. C’è chi non vede l’ora di cantare, o di ballare con il giusto ritmo, intanto son tutti con gli iPhone in mano perché è un bel momento da instagrammare. Tra una Tessellate ed una Breezeblocks, tra una Dissolve Me e una Something Good, in un’atmosfera effervescente ma comunque di suspence contenuta, si distende An Awesome Wave, uno dei capolavori dell’anno, ciò che ha permesso ai 4 di Leeds di arrivare in così poco lissù nell’Olimpo dei grandi. I pezzi ci sono tutti, studio sono come li conosciamo, meravigliosi, penetranti, per quanto riguarda il live forse questo è uno degli aspetti che si potrebbe migliorare. L’acustica del Bronson non aiuta, alcuni bassi ti fanno storcere lo stomaco, ma i 4 non sembrano una catena di montaggio perfetta, un meccanismo completo dal quale far uscire musica di quel livello.

In scaletta vengono inseriti anche Hand Made, demo non presente nell’album e Slow Dre (cover di un mash up di Kylie Minogue e Dr Dre), e sono due momenti che distraggono un po’ la folla, completamente attaccata all’idea di quello che è l’album, pronta a riconoscere ogni nota, ogni intro, per lanciare un urlo e testimoniare la conoscenza o il tempo passato su Youtube a farsi una cultura riguardo gli Alt-J.

Chiude il live Taro, ritmi tribali che fan ballare anche il pubblico più anziano presente al Bronson.

Gli Alt-J li avevo già visti live, ricordo gli Alt-J di qualche mese fa che salivano sul palco e tenevano una performance meno scontata, ancora increduli del successo che li stava travolgendo. La differenza oggi è che la band britannica sembra stia cullandosi su quanto ottenuto fino ad ora; non ci sono più quegli occhi sorpresi mentre nella pausa tra un pezzo ed un altro venivano travolti da applausi, o quei sorrisi imbarazzati ma felici, pare che non abbiano più niente da meritarsi, ma che qualcosa gli sia dovuto.

Non so come andranno le date di Roma e Milano, ma se confermeranno quanto si è visto ieri qualcuno dovrebbe tirargli un po’ le orecchie.

Tastate con mano, ammirate, testate voi, spero ci mettano sempre più verve e profondità, godeteveli.