photo by Jonathan Flanders

In esclusiva assoluta, la prima italiana dei Wu Lyf, seria quanto basta per commuovere, vera che fa paura.

Abbiamo incontrato il chitarrista della band Evans Kati, originario di Prato e sfegatato juventino, che ci ha parlato della band, di tutto quello che vorrebbero fare e di tutto quello che han fatto, di Manchester.

Ladies and gentlemen, we’re proud to present: first italian Wu Lyf interview ever.

DW: WU LYF. com’è cominciato il tutto?

EK: Partiamo proprio dall’inizio: io e Joe (la bestia alla batteria) eravamo compagni di classe alle superiori, abbiamo stretto un’amicizia basata sul nostro amore adolescenziale per i RHCP e abbiamo imparato a suonare la chitarra insieme (la mia prima chitarra è stata una Epiphone acoustica verde regalatami da mio padre). Avevamo 13 anni, e facemmo una specie di patto: suonare in una band, e cercare di farcela per davvero. È passato poco tempo che Joe si è spostato alla batteria, dopo che timidamente gli suggerii che fossi io il miglior chitarrista tra i due.

Dall’altra parta Ellery (cantante e organista) e Tommy G (slap-bassist) si sono incontrati mentre facevano skate, e un giorno si sono ritrovati a suonare con amici che abbiamo in comune, Tommy alla batteria ed Ellery alla chitarra. Io e Joe cercavamo un bassista per completare il nostro gruppo, Joe ha visto Ellery con una maglietta dei Roots Manuva, e ha detto: “Questo fa per noi!”. Dopo aver incontrato Ellery abbiamo fatto un paio di jam sessions insieme, quindi siamo andati a vedere il gruppo suo e di Tommy, i Jaspers Skinny Arms, in un locale “neo comunista” chiamato Siberia. Lì ci siamo accorti che Ellery cantava, e cazzo se cantava. Appena finito il concerto ci siamo avventati su di lui per proporgli di essere il nostro cantante, e a lui l’idea è piaciuta. Tommy è stato l’ultimo a salire a bordo: una sera ci siamo ubriacati tutti e dormimmo a casa di Joe, Tommy era in un brutto stato e vomitò ben otto volte mentre guardava Rust Never Sleeps. La mattina dopo Tommy rimase perché non riusciva a muoversi più di tanto, ma l’energia di prendere la chitarra e chiedere di fare il nostro trio un quartetto, quella ce l’ha avuta. Questo è quello che conta, le altre storie sono tutte delle balle.

DW: Com’è fare musica e crescere di musica a Manchester?

EK: Tutti hanno una considerazione elevata dell’importanza della scena musicale di Manchester e dell’esperienza Mancunian. Vivendo a Manchester ti trovi bombardato da radio, nightclub, e si sa che la gente percepisce la nostra città come punto di riferimento nel mondo della musica. Il fatto è che Manchester ha prodotto delle band fantastiche (vedi The Durutti Column, 10 cc) ma queste sono quasi trascurate a causa dell’onda gigante che si chiama Oasis. Sicché da ribelli come siamo, abbiamo lasciato perdere un po’, ignorando le ovvie radici musicali che ci circondavano e ci circondano ancora. Però recentemente mi sono mezzo innamorato degli Smiths e del loro album Hatful of Hollow, e anche della canzone degli Stone Roses, Where Angels Play. Comunque si tratta sempre di gruppi sopravvalutati: se milioni di persone vanno ai concerti di Morrissey e nussuno di loro conosce la voce malincolica e dolce di Lawrence dei Felt, c’è qualcosa che non va. Almeno in quel periodo c’era una specie di vivacità e energia nella città, nella Manchester di oggi c’è poca, anzi pochissima originalità…

DW: Quali artisti vi hanno influenzato di più?

EK: Diciamo che siamo quattro persone abbastanza diverse, e infatti abbiamo forse 3 o 4 artisti che condividiamo (Nirvana, Bruce Springsteen, Neil Young, Talking Heads). Se parliamo del mese mentre si registrava “Go Tell Fire” eravamo tutti presi con Springsteen, perché era appena uscito la re-issue di Darkness on the Edge of Town e c’era un’intero speciale dedicato a questo album in onda sulla BBC, con concerti, documentari etc., che ci ha inspirato moltissimo a causa della sua travolgente dedizione e passione.

DW: Il vostro simbolo ha qualche significato preciso?

EK:  Il simbolo vuole essere una rappresentazione di Cristo sulla croce, che però invece di morire e assumere tutti i peccati del mondo si libera ed alza le braccia in aria. È un’immagine ottimistica, di liberazione, perché c’è sempre modo di trovare una via d’uscita. Ma Cristo in fine ci aiutati un po’ tutti.

DW: Il 2012 sarà l’anno del vostro secondo album, cosa dobbiamo aspettarci?

EK:  Innanzitutto scuse iniziali per i nostri fan, ma la data più probabile di uscita del nostro secondo album sarà la metà del 2013. Dobbiamo ancora confermarci come musicisti e artisti credibili, il primo album è diciamo così “l’adolescente buco di culo”, è andato benino, e siamo orgogliosi di aver trovato ragazzi e ragazze da tutte le parti del mondo che volessero ballare con noi. È davvero meraviglioso ma è ancora durissima: in questa industria maledetta non c’è molto tempo per pensare, bisogna sempre buttare qualcosa di nuovo sul web per tenere la gente “interessata”. Ma ormai non si sa più cosa sia davvero interessante. Un website fatto bene? Una bella e seducente ragazza? Dei divertenti updates su Twitter? L’esempio ovvio è quello di Lana Del Rey, di cui si continua a parlare senza sosta, non merita a mio avviso tutti i complimenti e la pubblicità. Un artista intrigante e bravissimo come Jackie Leven non ottiene nemmeno un necrologio in molte pubblicazioni. Ma il mondo non è controllato dalla gente purtroppo, cosicché situazioni del genere sono inevitabili. Noi cercheremo di confermarci come amici e solo così si potrà fare passi avanti.

DW: Siete davvero quattro “bros” e vi volete bene, o fate finta e in segreto vi prendete a cazzotti?

EK:  Il touring è nemico dell’amicizia, ma l’infinita vacanza del 2012 sarà la nostra più grande amica.

DW: Il 29 Marzo sarete finalmente di nuovo qui in Italia, al Magnolia di Milano, cosa vi aspettate?

EK: Giovani selvaggi che muoiono dalla voglia di buona musica.

DW: Seconda volta in Italia, seconda volta a Milano. Ma il sud? Vi hanno mai proposto di scendere più giù in Italia?

EK: Sarebbe fantastico, ma non credo che succederà finché non si farà un album di cover di Gigi D’Alessio.

DW: C’è qualcuno che non vorreste mai vedere ad un vostro concerto?

EK: Simona Ventura accompagnata da Gigi D’Alessio.

DW: Dopo soldout in USA e un po’ ovunque, e soprattutto dopo il Letterman, vi siete mica montati un po’ la testa?

EK: Per niente, sono stato fortunato ad aver conosciuto artisti fantastici, che non hanno avuto la fortuna, o la sfortuna, in molti casi, di avere l’occhio feroce del pubblico fissato su di loro. Questi artisti mi rendono umile, e quando ho suonato l’ultima dolorante nota di Heavy Pop al Letterman, l’ho fatto in tributo a questi artisti qui, che mi han fatto crescere musicalmente e magari non hanno avuto una piattaforma per far capire a questo mondo ignorante quanto sono importanti, e un pizzicone lo dedico anche alla voglia estrema di tornare a casa.

DW: Quanto ci fate e quanto ci siete?

EK: Ci siamo molto di più di quanto la gente pensi.

DW: Un concerto che vorreste fare che ancora non avete fatto?

EK: Al Castello di Prato, la giornata più lunga dell’anno, 2015, l’ultimo valzer sotto un cielo rosa e blu.

DW: Le registrazioni del primo album sono filate liscio? Ci son stati contrasti tra di voi?

EK: Contrasti sì, essere nei Wu Lyf significa che niente fila mai liscio. I problemi maggiori comunque li abbiamo avuti nel mixing, abbiamo speso circa un mese nella stanza di Joe facendo da soli tutto il mix, e appena finito Warren (il loro manager, ndr) ci ha fatto sapere che era tutto inascoltabile. Disse che gli sembrava di ascoltare il cd attraverso una parete. Insomma i livelli di riverbero erano almeno il doppio di quello che appare nel disco che avete in salotto.

DW: A quanto pare vi piace la Sardegna. Per il mare, la figa o Apicella?

EK: Io amo il mare e andare in vacanza è troppo bello, ricarico le batterie e mi sento vivo. E la Sardegna è una delle mie mete preferite, non è ancora sovrappopolato da turisti demenziali. Ho avuto una mezza idea di comprarmi una casetta dalle parti di Alghero, per poi costruirci anche uno studio, spero di averlo pronto per il terzo ed ultimo album dei Wu Lyf.

DW: Terzo ed ultimo album? Che significa?

 EK: Beh la nostra intenzione è di fermarci al terzo album, e soprattutto vogliamo finire il tutto con un mega concerto. Questo è il nostro piano.

DW: Vi drogate?

EK: Parlo per me stesso: la droga è una cosa triste, la associo a situazioni disperate, è troppo diffusa. Mi accodo a Vincent Gallo che dice “la droga è un atto super commerciale”, non c’è da sentirsi cool dopo aver sniffato una striscia bianca, però a certa gente serve, e io non giudico. Tutti hanno i propri motivi, farsi le canne e diventare un white rasta è da scemi però dai.

DW: Artista preferito?

EK: Sicuramente Jackie Leven, argento per Jonathan Richman e podio eterno per Franco Battiato.

DW: Chi si suiciderà di voi in modo che la band entri nella storia?

EK: Dave Jay, il nostro tour manager e sound man, ma non lo farà per fare entrare la band nella storia, lo farà perché siamo proprio degli stronzi in tour.

DW: Il calcio, tu Ivan sei un gran tifoso juventino. Cos’è la Juventus per te?

EK: Amo la Juve e Del Piero da quando avevo cinque anni, è stato un colpo di fulmine. Mi ricordo di un episodio accaduto quando avevo 7 anni: ero a giocare al parco di Prato, e avevo la maglia della Juve. Due uomini mi si sono avvicinati, io ero piccolo e avevo un po’ di paura, e mi hanno chiesto: “Hey bambino, tifi la Juve?”. E io ho risposto: “Sì sì”. Mi hanno stretto la mano e mi hanno detto: “Grande, non cambiare mai squadra!” e sono corsi via. Erano degli angeli juventini di sicuro. Ho un piano nel futuro: fare un concept album sulla Juve intitolato “20 Black And White Greats”, nel quale tutte le canzoni avranno il nome di un eroe juventino. E poi vorrei rivedere Giovinco in bianconero.

DW: Vedremo mai Balotelli, ora che è a Manchester, suonare nei Wu Lyf?

EK: Spero proprio di sì, perché mi sono sono stufato della chitarra, sarebbe una buona mossa per il nostro profilo. Magari lo si becca in un nostro video in futuro. Per quanto riguarda oggi, voglio vedergli segnare una tripletta a quegli stronzi del Manchester United.

DW: Dai, prima di chiudere dimmi chi sarà il primo di voi a farsi Lana Del Rey.

EK: Mah, io sono subito fuori gara. Credo sarà uno tra Ellery ed il nostro boss, Warren “Smooth” Bramley. Lui è il nostro allenatore, un uomo spettacolare, che diventerà di sicuro più famoso di tutti noi quattro messi insieme.

DW: Facci un saluto in stile Wu Lyf. Non so, inneggia a Lucifero o a Gesù.

EK: Andate tutti al cinema, goodnight! xx