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Nelle scorse settimane si è fatto un gran parlare di Soundreef, società di collecting fondata da italiani in Inghilterra e che, secondo molti, è nata per opporsi al monopolio della SIAE.
Ma è davvero così? E in cosa si differenzia la loro offerta da quella di SIAE?
Lo abbiamo chiesto direttamente agli interessati, contattando i responsabili.

DW: Anzitutto volevamo sapere da dove siete partiti e qual è la mission effettiva di Soundreef.

Soundreef: Noi, in quanto Soundreef, siamo partiti dall’Inghilterra, fornendo canali radio e musica alla grande distribuzione organizzata, cioè ai grandi esercizi commerciali. Questo è il nostro servizio di partenza dal primo giorno. Come visione principale, allargando il tema, sul lungo periodo ci siamo sempre ispirati a dei valori che crediamo di portare avanti in tutte le azioni che facciamo. Questi sono in primis la ripartizione al cento per cento analitica di ciò che viene suonato: secondo noi tutto ciò che viene suonato può e deve essere pagato. Poi siamo legati all’idea che i pagamenti e le rendicontazioni debbano essere veloci, ad esempio a fronte di quello che facciamo con i concerti, dove noi rendicontiamo, e cioè comunichiamo gli incassi entro i sette giorni dal concerto e paghiamo entro 90 giorni.
Nel mondo tradizionale, di solito, si rendiconta dopo 18 mesi e si paga dopo 24 mesi. Quindi la velocità di rendicontazione e di fornitura dei pagamenti può essere un’altra delle basi su cui ci poggiamo.
Infine, siamo molto attenti alla trasparenza e alla chiarezza in quello che facciamo: secondo noi ogni autore ed editore dev’essere in grado di poter andare online e vedere esattamente quando e dove è stata suonata la musica, quanto hanno guadagnato eventualmente col quel passaggio, però con un dettaglio molto preciso rispetto a ciò che le collecting offrono solitamente.

DW: Dal vostro sito ufficiale si legge che Soundreef è un ente di gestione indipendente. in cosa si differenzia rispetto all’ente di gestione collettiva (come ad esempio la SIAE)?

Soundreef: La differenza principale è che, ad esempio, noi ripartiamo gli incassi al cento per cento in maniera analitica, quindi tutto ciò che viene suonato viene pagato e i tempi di rendicontazione, come dicevamo, son velocissimi, perché sul territorio nazionale ed internazionale paghiamo a 90 giorni dall’evento. Poi, come prima, diamo la possibilità di andare online e vedere esattamente quali siano i dati relativi a ciò che eventualmente ti spetta.
Ad esempio: nel mondo della televisione la rendicontazione è precisa, nel senso che si possono direttamente reperire le informazioni online che dicono che una determinata traccia è stata suonata in un determinato show alle 7,30 del mattino per due minuti; ti danno una registrazione audio e ti comunicano che hai guadagnato, ad esempio, 30 cent per quel passaggio.

DW: Quindi è abbastanza improprio dire che il lavoro della vostra azienda sia la traduzione moderna del privato vs. pubblico? O delle realtà indipendenti contro le major?

Soundreef: Noi onestamente non ci riconosciamo in questo tipo di differenziazioni. Poi, tra le altre cose, ogni articolo, ogni settimana, cambia atteggiamento verso di noi: in uno siamo dipinti come un’azienda al soldo delle multinazionali, in un altro siamo quelli che trattano solo artisti indipendenti o che sostengono artisti sconosciuti, altri ancora dicono che siamo i privati che lottano per le liberalizzazioni. Tali etichette, rispetto al lavoro che facciamo, sono estremamente superficiali oltre che false. Quello che noi facciamo è davvero solo un lavoro che si rivede nel nostro claim, che è “royalties made easy”.
Andare cioè a rintracciare le utilizzazioni per conto di autore ed editore e farlo con metodologie molto innovative, dare quindi informazioni ad autore ed editore e ripartire correttamente e velocemente. Dare le corrette informazioni è fattore principe, perché al momento autore ed editore sono avvolti in nuvola nera di ignoranza per quanto concerne l’utilizzazione che viene fatta della loro musica. Noi vogliamo dissipare questa nuvola nera e restituire loro la visibilità sui loro compensi. Questa è la nostra unica mission. Poi è una mission che crediamo sia perfetta per tutto il mondo indipendente, diciamo. Che è penalizzato da certe ripartizioni. Ma crediamo anche che sia un qualcosa di molto interessante anche per cataloghi importanti, come dimostrano le nostre recenti acquisizioni di autori più affermati.

DW: In questo senso volevamo appunto chiedervi se dopo la vicenda con Fedez, che ha attirato su di voi gli occhi della stampa più generalista, avete avuto un incremento degli iscritti o il trend tende a mantenersi costante?

Soundreef: Noi abbiamo avuto sempre crescita importante da quando siamo nati quasi 5 anni fa. Anno dopo anno siamo sempre cresciuti in termini di valore di affari generati da Soundreef. Detto ciò, chiaramente il fatto che Fedez ha deciso di affidare a noi il suo catalogo, così come Gigi D’Alessio, ha aiutato molti altri a prendere la decisione di abbandonare la loro collecting di riferimento e passare con noi. Quindi certamente siamo sempre cresciuti, ma quei due episodi hanno generato un’ulteriore crescita delle iscrizioni. Nelle ultime otto settimane abbiamo avuto tantissime acquisizioni, di piccolo, medio e alto livello.

DW: Tornando alla situazione italiana, negli ultimi anni abbiamo spesso sentito parlare di monopolio SIAE.
É un’espressione ancora attuale?

Soundreef: Partiamo ad esempio dal presupposto che al momento c’è una direttiva che ormai è esecutiva anche in Italia. Il governo avrebbe dovuto recepirla entro il 10 aprile, ma non lo ha fatto. Essendo la direttiva “self executive”, tema complesso ma molto importante, la direttiva è di fatto attiva finché lo stato non crea una nuova legge. Questa direttiva, ovvero la direttiva Barnier, dice in poche parole che, all’interno dello spazio europeo non puoi impedire ad un’altra società di collecting di operare in un determinato paese.
Quindi, in sostanza, se una società olandese volesse fare concorrenza sul territorio spagnolo alla SIAE spagnola, quest’ultima non potrebbe ostacolarla. Questo atteggiamento è un atteggiamento consolidato in tutta Europa da anni. Noi lavoriamo in 20 paesi nel mondo. Se prima vedevamo qualche resistenza, ormai non ne vediamo più, nessun paese europeo, ad esempio, prova ad ostacolare il nostro lavoro. Anche perché la direttiva Barnier è chiara.
Però la direttiva europea non obbliga i paesi ad abolire il monopolio, al contrario dice che ogni autore ed editore è sicuramente libero di iscriversi a collecting che preferisce sia essa privata o pubblica. E questo è un passaggio fondamentale perché Soundreef non intende negare questo diritto a SIAE, ad esempio.
Un altro punto nella direttiva è che l’utilizzatore può comprare dove gli pare in Europa. Cioè, se io voglio una licenza per mio concerto in Inghilterra piuttosto che in Francia, o da una società olandese, nessuno me lo può impedire. La licenza è valida quanto una licenza nazionale. Ora però, di fatto, lo stato italiano potrebbe mantenere monopolio SIAE. Cosa significa? Significa che impedisci alle aziende italiane di cominciare a fare concorrenza alla SIAE dal nostro paese, facendo ciò impedisci di creare un nuovo settore. Allo stesso tempo presti fianco alla concorrenza straniera che mai puoi impedire. Per noi non regge quindi il discorso sul mantenimento del monopolio, e su quanto questo sia giusto o sbagliato. Il punto è un altro, e cioè il fatto che esiste una direttiva non introiettata dal sistema italiano i cui termini son scaduti da mesi. Sembrerebbe, in linea teorica, ragionevole per lo stato fare una legge che armonizzi correttamente il proprio ordinamento nel settore alle direttive europee, e che stabilisca delle regole di coesistenza dato che noi non vogliamo che SIAE venga abolita e nemmeno siamo sostenitori di una liberalizzazione selvaggia. Noi vogliamo regole comuni che chiariscano il fatto che in presenza di più operatori il sistema funzioni in un determinato modo, e che le regole stesse vengano stabilite dalle collecting che agiscono sul territorio, per arrivare a garantire ad autori ed editori servizio migliore possibile.

DW: Perché secondo voi non è stata recepita? E quali sono, oltre a quelli che già ci avete già spiegato, i problemi che ne nasceranno?

Soundreef: Il perché si può ricercare semplicemente nella lentezza e disorganizzazione politica che affligge il nostro paese. Potrebbero anche esserci degli interessi che però non saprei sostanzialmente indicare. La situazione però al momento è senza giustificazioni: la direttiva Barnier è stata pubblicata nel 2014 e hanno cominciato lavori di ricezione ad inizio marzo. Neanche un mese prima della scadenza dei termini. Basti pensare anche che quando hanno fatto le audizioni alla Camera inizialmente eravamo invitati, dopo 48h non eravamo più invitati. Su ciò che ne conseguirà, prima di tutto, molto banalmente, saremo noi cittadini a pagare l’infrazione. Seconda cosa, la situazione di per sé genera il caos. Nè più nè meno. Che è ciò che al momento stiamo lottando con le nostre forze in quanto noi, società privata che opera dall’Inghilterra, possiamo operare liberamente in Italia. Ed è quello che facciamo: noi abbiamo dal 2012 almeno 20,000 punti vendita che da anni usano i servizi di Soundreef. Abbiamo anche iniziato a fare concerti anche con nostra licenza in Italia. Ora, onestamente ,di fatto noi siamo lasciati ad operare secondo il nostro buonsenso. Anche perché ogni volta che hanno provato a portarci in tribunale abbiamo vinto. Al momento siamo noi stessi a sostenere con forza il fatto che sia necessario un mercato regolato dalle istituzioni.
E noi dei paletti li vogliamo, perché non vogliamo mercato in cui ognuno fa ciò che gli pare.
Vogliamo mercato in cui possa esistere concorrenza perché essa fa bene, ma che sia un modello di concorrenza che rispetti un settore molto importante e particolare, che è quello culturale.

DW: Avete parlato di cause in tribunale. A questo proposito avete timore, ora, di ripercussioni, come ad esempio qualche causa nei vostri confronti da parte dei competitor?

Soundreef: Ci ostacolano da anni ma è una cosa che sapevamo dal primo giorno. Abbiamo, infatti, una spesa legale importante in ogni paese dove operiamo e un customer service maniacale, che permetta agli utilizzatori di essere protetti e agli autori ed editori che siano garantiti nei loro diritti.
Come azienda noi viviamo un’aggressione continua, diciamo. Diretta e indiretta. Non ci lamentiamo nemmeno, francamente. Allo stesso tempo, non pensiamo di esser coraggiosi, non stiamo facendo una lotta. Pensiamo soltanto al lavoro che facciamo, senza pensare a come possano contrastarci in maniera legale o meno legale: ci concentriamo sul risolvere il problema e andiamo avanti senza aver paura e con professionalità. Altrimenti fai il gioco loro e non porti a casa il risultato che ti prefiggi.
Combattere è una parola che non mi piace. In ogni caso, il sistema italiano è molto anomalo, perché in altri casi si è andato avanti accettando la concorrenza, mentre qui lottiamo contro un muro di gomma e non si riesce a parlare.
Cosa che non va a discapito nostro o dei nostri affiliati, ma va a discapito sopratutto di chi vorrebbe fare una libera scelta e si ritrova in mezzo a questo contesto. Le regole chiare servono a tutti. C’è da dire che in Italia, tra l’altro, i cambiamenti piacciono e non piacciono, per cui si crea una situazione inutilmente confusionaria che non avrebbe senso. Servirebbero regole chiare, nuove e trasparenti per tutti, e ci vuole poco tempo per farle. In questo senso chiediamo da tempo un incontro in merito.

DW: Come spiegheresti la direttiva Barnier ad un profano che vuole mettere musica nel suo negozio?

Soundreef: Parlando in modo pratico: per poter usufruire delle nostre licenze, basta connettersi al nostro sito o telefonare ai nostri centralini e subito puoi trovare un operatore che ti assiste. Una volta che hai acquistato una delle nostre licenze non devi pensare a nulla: inclusa ad ognuna di esse, ad esempio, c’è l’assistenza legale gratuita alla quale aggiungiamo eventualmente il sostegno nel caso in cui, un domani, SIAE possa farti una multa. Se è da pagare, la paghiamo noi; al contrario, se non è da pagare, siamo noi che andiamo in tribunale e gestiamo la situazione. Con questo sistema abbiamo coperto tutti i nostri clienti e nessuno di questi ha mai avuto problemi. Nei rari casi in cui possono averne avuti, l’utilizzatore non ha dovuto occuparsi di nulla.
Noi agiamo infatti frapponendoci tra lui e l’ente di collecting perché, ovviamente, se lasci da solo l’utilizzatore non ha mezzi per uscirne. Mettiamo tutti i nostri clienti dentro ad una bolla legale. Facendo un esempio pratico legato ai punti vendita: ognuno di questi punti vendita che utilizza il servizio Soundreef, possiede un certificato Soundreef, e l’operatore ha istruzione di non interagire con l’ispettore SIAE. Se l’ispettore SIAE entra per il controllo, il gestore non fa altro che mostrare il certificato e la cosa finisce lì. Se all’ispettore il certificato non sta bene lascerà il verbale che, però, il gestore non deve firmare. Il gestore gira a noi il verbale e noi ci occupiamo di tutto. Dal momento in cui ci gira il verbale, ovvero subito dopo averlo ricevuto, il gestore non deve occuparsi di nulla. In pochissimo tempo, senza alcuna preoccupazione, la sua situazione è completamente risolta. C’è da dire che quando ci sono le nostre licenze nei mercati consolidati, come ad esempio i concerti, l’ispettore se ne va senza problemi, dopo l’ispezione ovviamente.

DW: Prima dicevate che operate in diversi paesi, quali sono?

Soundreef: Operiamo in una ventina di paesi, come ad esempio Italia, Francia, Inghilterra, Croazia, Repubblica Ceca, Olanda, Costa Rica, India.

DW: La vostra sede è in Inghilterra, come mai?

Soundreef: La nostra sede è in Inghilterra perché abbiamo vissuto 15 anni in in Inghilterra. Poi però nel 2015 abbiamo convinto nostri fondi di investimento per creare Soundreef S.p.a. con sede italiana, per comprare l’azienda inglese.
Mi piacerebbe molto se la proprietà fosse italiana perchè penso che il nostro paese potrebbe dare grosse opportunità, dato che ad esempio ci son grandi ingegneri e noi lavoriamo moltissimo con gli ingegneri e tecnologia. La cosa brutta è che aspettavamo dalla politica, non proprio un aiuto, ma quanto meno una pacca sulla spalla, non quindi indifferenza o addirittura ostracismo.

DW: Visto quindi che la vostra sede è nel territorio del Regno Unito, dopo la Brexit come vi muoverete?
Pensate che possa cambiare la situazione dal punto di vista degli investimenti della musica o che addirittura influisca sul mercato musicale italiano?

Soundreef: Noi ovviamente siamo rimasti fortemente stupiti come tutti, è stato uno shock per tutti, che però abbiamo accolto come persone e non come azienda. Avendo appunto vissuto anni in Inghilterra, ci troviamo a vivere una situazione mai vista. Londra ad esempio è molto disorientata al momento, in particolare l’area delle startup londinese. Comunque, sul lato pratico le trattative di uscita durano almeno un paio di anni per cui per ora è difficile fare qualsiasi previsione.
Dopodiché verranno riorganizzati i trattati e ci sembra difficile che l’Inghilterra possa davvero uscire totalmente dal libero scambio delle merci e dal libero movimento dei cittadini. Siamo portati a pensare che quindi i trattati verrano rinegoziati però mantenendo più o meno stato attuale delle cose, perché sarebbe impensabile una cosa diversa. Soprattutto non è chiaro se effettivamente si andrà verso questa richiesta dato che non basta un referendum consultivo, e le situazioni scozzese e nord-irlandese pesano molto. Fa specie, ad esempio, che Farage e Johnson si son sfilati, per quanto il secondo sia diventato attualmente ministro degli esteri. L’attuale primo ministro May sembra convinta di proseguire in questa direzione, però c’è tantissima confusione. Poi va sottolineato anche che tutte le grosse aziende, o comunque, la rete delle aziende anche medie e piccole, che operano in Gran Bretagna lo fanno con le regole della UE, e magari con il sostegno della UE.

DW: E sugli investimenti nel mondo della musica?

Soundreef: Al momento non saprei davvero dirlo, ma credo basti vedere il risultato che si dice potrebbe avere sulla Premier League, il campionato di calcio inglese, dove sembra che le grandi squadre potrebbero arrivare a perdere le loro grandissime star. Quando esci da un contesto del genere devi riconfigurare i trattati, e non è che se dichiari di voler uscire dall’Unione rimani sull’uscio e cerchi di avere i diritti derivanti dai trattati senza conservarne i doveri.
Al momento qualsiasi previsione sarebbe azzardata, e noi per un paio di anni infatti dubito prenderemo delle decisioni. Anche perché per due anni effettivamente non succederà nulla, e anche perché è la prima volta in assoluto che si configura una situazione simile.

Ringraziamo tutto il team di Soundreef per la disponibilità e gli auguriamo buon lavoro!