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La scorsa settimana abbiamo intervistato i Sadside Project, duo romano composto da Gianluca Danaro e Domenico Migliaccio. Il loro secondo disco, Winter Whales War, pubblicato lo scorso 22 Febbraio per l’etichetta Bomba Dischi, sarà distribuito in tutta Europa dalla Rough Trade.
Quattro chiacchiere ed un caffè con questi 2 ragazzi che sembrano avere avanti a sé la strada spianata verso il successo dentro e fuori dall’Italia. Questo è ciò che è venuto fuori:

DW: Allora ragazzi cominciamo con una domanda di routine, perché Sadside Project?

D: Allora noi abbiamo cercato un nome complicatissimo da dire, quindi siamo andati soprattutto dai più anziani e abbiamo cercato di capire se questo nome fosse realmente complicato; dopo uno studio approfonditissimo abbiamo scoperto che in effetti risulta difficile pronunciare SAD-SIDE poi c’è una J di mezzo, e quel suono CT… insomma è complicato.

DW: Avete fatto molta strada dal vostro primo lavoro ma è anche vero che siete partiti subito col botto: dopo aver vinto il Rock Contest per band emergenti del 2009 infatti avete girato l’Italia aprendo i live di Joe Lalli dei Fugazi. Quanto vi ha aiutato quest’esperienza, com’è stare a contatto con un musicista del suo livello?

G: E’ stato molto bello perché a parte il lato musicale, che sicuramente è molto importante, quando si è in tour è importante anche trovarsi bene dal punto di vista umano, e in questo caso sia Joe che i suoi turnisti erano veramente forti. E’ stato bello perché lui (Joe Lalli, ndr.) è tipo un Guru, è uno di quelli che appena prende un po’ di confidenza comincia a darti consigli, non solo sulla musica ma anche sulla preparazione, perché lui fa yoga, dorme in posizioni strane.

D: Nel furgone avevamo il blocchetto per prendere appunti, e ogni tanto io a casa vado a rivedermeli, sto lì e faccio “oooohmm” (imita suono e gesti della posizione yoga e ridono, ndr.). Quindi sì, è stato anche bello da quel punto di vista, poi ovviamente musicalmente è atomico.

G: Il Rock Contest invece noi lo avevamo preso proprio come occasione per suonare il più possibile, e l’abbiamo vinto.

DW: Per questo nuovo album avete collaborato con diversi artisti della scena musicale italiana come Roberta Sammarelli dei Verdena e Adriano Viterbini dei Bud Spencer Blues Explosion, quanto vi hanno lasciato questi musicisti? Com’è stato lavorare con loro?

G: Beh, sono due discorsi diversi, perché Roberta ormai è un’amica, è una persona molto tranquilla, è stata sempre disponibile con noi. Poi a noi i Verdena piacciono un sacco quindi all’inizio è stato anche emozionante lavorare con lei. In realtà volevamo farle mille domande, invece facevamo i tranquilli. Lei è forte, nonostante i Verdena qui in Italia siano a livelli alti non se la tira per un cavolo. Insomma ci tiene anche lei a fare bene con noi.
Con Adriano invece non abbiamo un vero rapporto d’amicizia, è solo un rapporto artistico: ci siamo conosciuti in un frangente in cui suonavamo assieme (entrambe le band, ndr.) e siccome lui suona la chitarra da cristo gli abbiamo detto “ma senti viecce a fa un solo” e lui “sì, sì super” ed è venuto con questa chitarra degli anni ’50, un pezzo di legno terribile che però lui fa suonare da Dio. Quindi è stato bello.

DW: Cosa pensate della scena musicale Italiana?

G: Oddio ce ne sono di band belle, soprattutto nell’underground più che nel mainstream. C’è un sacco di bella roba tipo i King Of The Opera che sono un gruppo validissimo, o anche i Criminal Jokers. Forse in realtà siamo tutti un po’ in crisi, perché è difficile suonare in Italia ormai. I gruppi più grandi diciamo, i vari Teatro (Degli Orrori, ndr.), Dente, a causa della crisi tendono a suonare più nei club medi che una volta invece erano più pane per i nostri denti, per le band più piccoline, invece adesso il promoter, il proprietario del locale, preferisce spendere quei 300 euro in più e far suonare loro. Quindi si, è molto difficile organizzare concerti, hanno tutti questo problema, è venuto fuori anche parlando magari con altre band, amici di Milano, Torino.

DW: Parlando della scena romana invece, ci sono molte band qui che dopo anni di attività non hanno ancora fatto il grande passo ovvero quello di uscire al di fuori della regione. Cosa pensate di questa situazione? Qual è stata la vostra fortuna a parte ovviamente la vostra musica?

G: Sicuramente la cosa importante è avere un’agenzia di booking, è una cosa fondamentale: il promoter conosce l’agenzia, l’agenzia conosce il proprietario del locale e ti infila a suonare. Non si può essere “indie” nel senso di completamente indipendenti per riuscire a farsi vedere. Per noi è stato il Rock Contest il punto di partenza.

D: Si, all’inizio facevamo tutto quello che ci veniva proposto: contest, festival per band emergenti, se ti fai vedere in giro e sai suonare qualcuno prima o poi ti nota.

DW: Tu Domenico hai anche un altro progetto, suoni con gli Ancien Régime, anche loro molto conosciuti sia nel Lazio che fuori, che hanno aperto i live a diverse band affermate. Com’è trovarsi in ben 2 gruppi che stanno affrontando il confronto con il successo, in Italia poi dove in genere le band emergenti non fanno molta strada?

D: E’ una soddisfazione incredibile, con gli Ancien Régime poi siamo riusciti ad andare anche fuori dall’Italia perché è un genere di musica particolare che va molto fuori. E’ bello. È stupendo sapere che non sia tutto chiuso al Lazio, a Roma, che c’è gente che ti segue in tutto il mondo.

G: Poi c’è da dire che sia noi (Sadside Project, ndr.) che gli Ancien Régime, abbiamo suonato veramente ovunque, dalle bettole ai bar alle strade. Ovunque si poteva fare un concerto noi l’abbiamo fatto.

DW: Il vostro nuovo disco Winter Whales War uscirà il 22 Febbraio e sarà distribuito in Europa dalla Rough Trade, anche questo è un grande traguardo: pensate che ciò vi aiuterà ad uscire fuori dall’Italia? Il fatto che i vostri testi siano in inglese è già un punto a favore, vi sentite pronti in caso ad affrontare un passo simile?

D: Io sono prontissimo, perché con l’altra band ancora, non gli Ancien Régime, siamo già andati ovunque a mangiare cacca per 5 anni buoni, in Russia, in Europa… dappertutto.

G: Sì, lui è un veterano (ridono, ndr.). Comunque se il disco va bene, se Rough Trade ci distribuisce in Germania, Francia, Inghilterra, se tutto va bene stiamo organizzando un tour ad Ottobre – Novembre che toccherà un po’ tutta Europa. Quindi sì, siamo pronti, non ti so dire come sarà ma quando mi troverò sul palco mi tremeranno le gambe. La scelta dell’inglese sinceramente non è una scelta mirata ad avere un panorama, è semplicemente che per me e per Domenico l’inglese suona meglio nella musica che facciamo, punto. Non ci sono scelte filosofiche o commerciali dietro.

DW: Tutti vi paragonano ai Black Keys, a Jack White ed altri artisti simili, ma nella vostra musica si sentono diverse contaminazioni. Cosa ascoltate, cosa vi ha ispirati e quali sono i vostri artisti preferiti?

D: Da sempre ci accoppiano a Black Keys & company. E’ una cosa tipica delle recensioni: appena sentono somiglianza con una o due band subito scrivono “tipo White Stripes” per esempio. La musica la ascoltiamo tutta. Questa domanda ci mette ogni volta in difficoltà. Io non ho un artista preferito. Perlopiù sono le sue influenze (di Gianluca, ndr.) a fare la differenza. Lui porta i pezzi in sala e poi insieme li arrangiamo.

G: . Sì, ma il nostro è un lavoro al 50/50, io senza di lui finirei a fare il cantautore, anche perché non ho nessuna conoscenza teorica della musica, lui si.
Io comunque non ho un artista preferito ma ti posso dire che le influenze tra il primo e il secondo disco sono diverse. E’ vero, nel primo ho ascoltato un sacco i White Stripes, meno i Blak Keys in realtà, e un sacco di musica diversa da quella che ascolto adesso. Sicuramente per scrivere questo disco ho ascoltato un sacco di R&B vecchia, da Otis Redding ad Aretha Franklin, tutta quella roba lì. Quindi sì, ho ascoltato tanta roba anni 50/60, anche tantissimo Buddy Holly.

DW: Come sono i vostri live, avete già un seguito di fan? Solo qui a Roma o anche fuori?

D: Belli, belli. In realtà dall’ultimo tour che abbiamo fatto, quando abbiamo girato con Roberta, che fa cognome Verdena (ridono, ndr.), al basso, alle volte capitava di incrociare nel pubblico delle persone che c’erano anche ai concerti prima. Vedevi questi ragazzi che c’erano sempre, Torino, Milano, Cesena, e noi che comunque siamo delle persone che parlano con tutti una volta ci siamo avvicinati ad uno di loro e abbiamo chiesto “ma tu c’eri anche ieri, che hai fatto 200km?” e lui “sì, sì io sto in fissa!”. Quindi diciamo che da un annetto a questa parte qualcuno tra il pubblico lo riconosciamo.

DW: Qual è stato fin’ora il vostro live più bello?

D: Ce l’ho. Con la boccia di Vodka ad aspettare di salire sul palco davanti ad un miliardo di persone. Sto parlando di Firenze, del primo live con i Verdena. E’ stata un’esperienza clamorosa. Durante il primo pezzo non stavo capendo nulla, c’era tantissima gente e per noi era un esame perché tutti loro erano li per i Verdena, noi eravamo solo il gruppo spalla che rompe le palle all’inizio. Mentre montavamo gli strumenti ci urlavano di tutto, poi dopo il primo pezzo si sono fomentati. E’ stato bellissimo.

DW: E il live più bello a cui siete stati invece?

(Minuto di silenzio, ndr.)
G: Io ai National ho pianto.
D: Io ho pianto ai White Stripes, mi ha emozionato quel cazzo di Jack White. Tu vai lì tipo con la cosa “mi vedo i White Stripes” e quello invece ti sconvolge.
G: Oddio ce ne sono tantissimi, gli Strokes a Torino nel 2006 anche.
D: Steve Vai (ridono, ndr.), i Beatles su Youtube.
G: Scrivili tutti.

DW: Cosa pensate dell’arrivo in Italia di Spotify?

G: Per me è una bomba, è tipo una radio on demand, funziona. Secondo me gli spotifier, quelli che si fanno gli abbonamenti, sono delle persone che sono veramente in fissa con la musica. Non penso che non andranno più a comprare i dischi. Io per esempio i dischi li scarico prima per ascoltarli, poi però li compro, proprio perché voglio il disco così com’è  col libretto e tutto, per tenerlo nella mia bacheca. Secondo me Spotify alla gente che veramente ha il chiodo fisso per la musica non toglie niente. Poi è fatto molto bene, in base a cosa ascolti ti consiglia le playlist. E’ un ottimo strumento, musica per tutti sempre.

DW: Avete in mente altre collaborazioni? Qual è il vostro sogno nel cassetto? Con chi vi piacerebbe suonare o a chi sperate di aprire un live?

G,D: Mark Hoppus dei Blink 182. Anche il live.
D: Io il live lo vorrei aprire a Nick Cave and The Bad Seeds, anzi no a Nick Cave con Grinderman. Vorrei toccare la barba a Warren Ellis per vedere se ci sono topi dentro (ridono, ndr.).

Eccovi di seguito una live session fresca fresca di My Favourite Colour dei Sadside Project per Radio Rock:

A presto con i Sadside Project.