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Li aspettavamo dal 9 gennaio 2012, da quando sono stati l’Hype #4 della storia di Deer Waves, ma finalmente, il 12 novembre 2015, i Purity Ring hanno calcato il suolo meneghino per il loro primo concerto italiano in un Tunnel Club riempito di ragazzi pronti ad assistere allo spettacolo che Megan James e Corin Roddick hanno portato in giro per il mondo in occasione del tour per il loro secondo album, Another Eternity.

Abbiamo incontrato Megan qualche minuto prima dell’opening act dell’ottima Empress Of e abbiamo parlato di Social Media, della scena musicale canadese, di fashion design, delle sue fonti d’ispirazione, del futuro dei Purity Ring e di un suo probabile progetto solista.

DW: Quando avete iniziato a produrre i vostri primi pezzi, Tumblr ha certamente giocato un ruolo importante nell’aiutarvi a diffondere la vostra musica e a far girare il vostro nome su internet. Ora sembra abbiate una presenza su tutti i principali Social Network: siete su Facebook, Twitter, Instagram, Snapchat, avete partecipato ad un Reddit AMA e avete utilizzato il crowdsourcing per creare una playlist su Spotify che suonate prima dei vostri concerti. Sembra che teniate molto al rapporto diretto con i vostri fan e alla possibilità di avere un feedback immediato da parte loro: qual è il tuo rapporto con i Social e come pensi possano aiutarvi come musicisti? 

PR: Credo che oggigiorno i Social Media siano uno strumento utilissimo per far sentire la propria musica quando non si hanno ancora dei fan. Tempo fa un gruppo poteva andare in tour ancor prima di aver pubblicato un album, ma ora è diverso ed è proprio per questo che abbiamo aperto il nostro Tumblr. In termini di canali aperti abbiamo fatto un vero e proprio salto in avanti quando abbiamo iniziato il tour per Shrines, ma allo stesso tempo ritengo che, rispetto ad altri artisti, siamo abbastanza selettivi riguardo a ciò che postiamo: ci focalizziamo sulla musica, non postiamo quasi mai foto del tipo “oh, guardate, siamo in spiaggia!”. Penso che i Social siano un interessante mezzo per mantenere viva la relazione con chi ci segue; oggi non esiste più la fan mail, c’è un rapporto più intimo ma al contempo più asettico: ricevi dei like e dei commenti ad una foto, è diverso. Apprezzo molto il fatto che tramite queste piattaforme un artista privo di una vera identità se non quella musicale riesca ad apparire più autentico, umano, reale, pur senza che ci sia alcun contatto fisico con i fan.

DW: Attualmente il Canada sembra essere un po’ il centro del mondo dal punto di vista musicale. Arcade Fire, The Weeknd, Drake, Grimes, Caribou… molti degli artisti più acclamati degli ultimi anni sono vostri connazionali. Se fossi un teenager canadese farei fatica a non essere ispirato dalla quantità di musica che viene prodotta, ma negli anni ’90 la scena musicale era decisamente diversa: se ripensi a quando eri più piccola, che cosa ascoltavi?

PR: Negli anni ’90 ascoltavo molto pop punk e pochissima musica di artisti canadesi: erano altri tempi. Credo che attualmente ci siano più musicisti canadesi che hanno riscosso grande successo nel mondo che in qualsiasi altro periodo del passato. Ovunque vada sento dire che la musica canadese degli ultimi tempi è qualcosa di fantastico, ma negli anni ’90 non c’era una scena così florida, c’erano delle band locali sconosciute all’estero che riempivano gli stadi canadesi: immagino che, ad esempio, tu non conosca i The Tragically Hip [ovviamente no, ndr]. Ascoltavo molte compilation come le Big Shiny Tunes, mi piaceva molto Beyoncé, o meglio, al tempo erano ancora le Destiny’s Child, ma principalmente mi piaceva il pop punk: ho 3 fratelli più grandi che mi hanno influenzata, diciamo così!

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DW: C’è una sorta di cliché nell’industria musicale: molti artisti sostengono che se non fosse stato per uno specifico artista o album non avrebbero mai iniziato a suonare o cantare. Per quanto ti riguarda, puoi dire lo stesso? C’è stato un momento in cui hai capito che saresti diventata una musicista?

PR: Ho sempre avuto un forte desiderio di essere autosufficiente: non mi riferisco al fatto di vivere in mezzo alla foresta con pannelli solari e l’energia eolica, ma ho sempre voluto fare qualcosa per me, da sola, qualcosa che mi aiutasse a definire me stessa. Volevo farmi i vestiti da sola, costruirmi una casa, produrre la mia musica… non l’ho mai fatto o voluto per avere successo, per diventare famosa. Ho sempre voluto fare qualcosa che mi facesse stare bene. Non so come spiegarlo: ci sono delle volte in cui senti di aver fatto qualcosa di giusto, è qualcosa di individuale, che non riguarda nessun altro, soddisfi te stesso ed è sufficiente. Ecco, è quello che cerco e che ho sempre cercato. Da un punto di vista musicale devo tantissimo ad artisti come Joanna Newsom e il suo album Ys, o il primo album di Regina Spektor: ora non la ascolto più così tanto, ma ai tempi quando l’ho sentita ed ero una teenager ho pensato fosse qualcosa di incredibile, di strano ma bellissimo, è stata una grande ispirazione. Trovo ci sia qualcosa di stupendamente ironico nel voler esprimere se stessi attraverso la propria musica, è qualcosa di delirante, ma penso sia bellissimo e non potrei farne a meno.

DW: Le performance in TV, i video e il nuovo tour ti hanno dato la possibilità di esplorare la tua passione per il fashion design. Qual è la storia dietro questa passione? Pensi sia qualcosa che approfondirai in futuro?

PR: Sì, certamente! Avrei bisogno di più tempo, ma mi piacerebbe riuscire a produrre più vestiti e a venderli. Si ritorna sempre a quel discorso dell’autosufficienza… è qualcosa che voglio fare per me, che voglio approfondire, mi piacerebbe vedere qualcuno che indossa i miei vestiti che non sia Corin o me stessa! È nato tutto grazie a mia mamma, mi ha insegnato a cucire, lo faccio da quando sono piccola. Dopo il liceo mi sono iscritta ad un corso di design, non riuscivo ad immaginare di passare 4 anni a scuola, non ce l’avrei mai fatta, quindi ho fatto un corso di un anno che mi ha dato le basi per fare qualcosa che mi piace moltissimo.

DW: Il netto cambio di approccio nel processo produttivo passando dal lavorare in remoto per Shrines al comporre nella stessa stanza per Another Eternity ha segnato in maniera sensibile il vostro suono. Se in Shrines la parte strumentale era dominante e la parte vocale più sotterrata e modificata da riverbero ed effetti, in Another Eternity si sente molto più Megan e un po’ meno Corin. Questo maggiore protagonismo è permeato anche nella tua presenza scenica e in generale nella tua persona: sembri molto meno timida, più sicura. Pensi che questo sia il punto di partenza per poter esplorare in maniera più estensiva i tuoi limiti? Senti mai il desiderio di intraprendere un progetto individuale, di poter esistere indipendentemente dai Purity Ring?

PR: Assolutamente sì, ci penso costantemente. In realtà da un punto di visto musicale esistevo anche prima dei Purity Ring, ho sempre suonato il pianoforte e facevo parte di una band. Al momento i Purity Ring sono un qualcosa in cui mi sento a mio agio. Credo e spero che i Purity Ring possano esistere per moltissimo tempo, ma a prescindere da ciò voglio fare qualcosa che sia solo mio e spero di riuscirci nel futuro prossimo. Io e Corin ci vediamo un po’ come soci in affari, non riteniamo il nostro rapporto esclusivo: sia io che lui daremo vita a nuove avventure, nuovi progetti, è qualcosa di cui sono fermamente convinta.

Prima di salutarci avrei voluto chiederle se avesse qualche consiglio da darci per il futuro, ma alla fine non l’ho fatto. Nonostante ciò, penso abbia in qualche modo percepito la mia domanda, tant’è che, dopo il concerto, ci ha detto questo:

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Purity Ring x Deer WavesMegan dei Purity Ring ci ha lasciato un messaggio importante

Posted by Deer Waves on Venerdì 13 novembre 2015